Beni ambientali
Giornale di caccia ai laghetti del Procovio (1818-1819)
La caccia nelle zone umide costiere fanesi prosegue anche nel 1800, come dimostra il "Giornale di caccia ai laghetti del Procovio" nella zona a N.O. della foce del Metauro. Il documento, proveniente dall'archivio della Famiglia Ferri/Montevecchio (busta n. 203), conservato presso la Sezione di Fano dell'Archivio di Stato, si riferisce al periodo 20 novembre 1818 - 31 marzo 1819 e contiene interessanti dati faunistici, pur non trattandosi di un documento scientifico ma solamente di un registro di tipo amministrativo-contabile in cui venivano segnati i capi uccisi e la loro destinazione. Con tale registro la famiglia Montevecchio, proprietaria del laghetto di caccia, controllava l'operato dei cacciatori che per suo conto lo utilizzavano. Tuttavia questo "Giornale di caccia" merita ugualmente di essere preso in esame, vista la carenza di informazioni storiche sulla fauna marchigiana dei primi anni del XIX secolo.
Le specie uccise sono indicate senza rigore, solamente con la denominazione volgare. Nel caso delle anatre, queste vengono divise in tre categorie, "Anatre grosse" (dovrebbe trattarsi del Germano reale- Anas platyrhynchos, che ancora oggi viene chiamato Anitra bèla), "Anatre mezzane" (la categoria comprende la Moretta, il Moriglione, il Codone, il Fischione e altre, tutt'ora indicate in dialetto "mes'anatre") e "Anatre piccole" (l'Alzavola e la Marzaiola, che tuttora vengono indicate dai cacciatori locali come "anatrìn").
Nel registro di caccia, oltre alle anatre, esiste una colonna per le "Folaghe" (Fulica atra), mentre tutte le altre specie venivano indicate nella colonna "Animali diversi". Qui figurano numerose uccisione di "Fisoli" (Svassi), indicati con le denominazioni: "Fisolo grosso" (lo Svasso maggiore- Podiceps cristatus), "Fisolo mezzano" e "Fisolo piccolo" (rispettivamente Svasso piccolo- Podiceps nigricollis e Tuffetto- Tachybaptus ruficollis).
Tra i limicoli venivano segnalate le uccisioni della "Pavoncella"- Vanellus vanellus, dello "Stornarolo" (Piviere dorato- Pluvialis apricaria), della "Pizzarda" (Beccaccino - Gallinago gallinago), e dell' "Arcangelo" o "Arcangiolo" (Chiurlo maggiore- Numenius arquata; ma forse con questa denominazione si intendevano anche le altre specie di chiurli: Chiurlo piccolo e Chiurlottello).
Per quanto riguarda gli ardeidi sono state registrate le uccisioni del "Cappon di valle" (Tarabuso- Botaurus stellaris) e della "Sgarzetta grossa" (gli aironi venivano chiamati sgarzette; dovrebbe trattarsi dell'Airone cenerino- Ardea cinerea, sia per il periodo di uccisione sia per la taglia). Figurano diverse uccisioni di esemplari di Salvarolo (la Colombella- Columba oenas, ancora oggi chiamata in vernacolo "Salvaròl", specie migratrice che frequenta pure le coste marine).
Sono stati abbattuti pure alcuni individui di "Oca selvatica", e di "Storno" (Sturnus vulgaris); quest'ultimo è l'unico passeriforme indicato nel documento.
Il solo mammifero la cui uccisione è stata più volte registrata è la Lepre.
L'ultima colonna "Osservazioni" riporta a chi venivano consegnati gli animali uccisi, oltre alla polvere da sparo, al piombo e al salario dato ai cacciatori. Ma vi sono anche altre osservazione di qualche interesse faunistico, fra le quali:
"In questo giorno 13 dicembre fu un grandissimo passo di Animali, e specialmente di Oche; il cacciatore tirò moltissime volte a delle truppe di anatre, ma parte per cagione della pioggia dirottissima che rendeva assai difficile il tirare e parte perchè essendo l'aria assai quieta gli Animali poco si abbassavano. Egli non ne uccise neppure uno: la malaventura di questo giorno si compì rompendosi gli argini del laghetto, e dandosi adito alle acque del Quadro, le quali lo hanno ricolmo, e così annullata la caccia di quel posto, e tutte le spese, e le cure per tre volte impiegatevi in quest'anno. La notte del giorno quattordici (dicembre) seguitò un passo copioso di anatre: il Cacciatore tirò più volte, e non colpì mai; nel giorno si viddero poche anatre ed altissime per mancanza di vento. Mi resta da sperare meglio dell'avvenire."
Dal numero e dal tipo di esemplari uccisi si desume una ricchezza della fauna ben superiore a quella attuale. Riferendoci limitatamente alle anatre, nei 10 giorni di novembre ne furono uccise 10 (3 grosse, 6 mezzane e 1 piccola); in dicembre 77 anatre (37 grosse, 17 mezzane e 23 piccole); a gennaio la caccia fu praticata solo in 7 giornate e portò all'uccisione di 10 anatre (4 grosse, 1 mezzana e 5 piccole); a febbraio 29 anatre (13 grosse, 2 mezzane e 14 piccole) e a marzo 35 (4 grosse, 7 mezzane e 24 piccole). Per quanto riguarda le altre specie segnalate, alcune di esse sono ancora oggi abbastanza frequenti. E' il caso della Folaga, dello Storno, delle tre specie di svassi, del Beccaccino, della Pavoncella e dell'Airone cenerino. Altre sono divenute molto più scarse, è il caso del Piviere dorato. Altre ancora sono divenute rare, è il caso del Chiurlo maggiore, del Tarabuso e della Colombella. Quest'ultima specie, in generale diminuzione in Italia, a giudicare dal numero delle uccisioni fatte allora ha subìto un calo vistoso pure nella Provincia di Pesaro e Urbino, dove è attualmente rara sia come migratrice e ancor più come svernante.
I dati del "Giornale di caccia" alla foce del Metauro confermano quanto scriveva l'ornitologo PAOLUCCI per la Provincia di Ancona (PAOLUCCI 1873) e cioè che la Colombella si osservava in branchi numerosi nella prima quindicina di marzo (anche le uccisioni segnalate nel presente documento si riferiscono tutte alla prima metà del mese di marzo).
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 01.01.1999
Ultima modifica: 14.12.2010




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