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Fano (Roncosambaccio): tomba picena

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Area archeologica A1 di San Costanzo (C.se Severi)

San Costanzo: Insediamenti dell'Età del Ferro con graffiti alfabetici


San Costanzo, piccolo centro in Provincia di Pesaro e Urbino posto sulle colline in destra del Fiume Metauro, a pochi chilometri dalla foce di questo e dalla città di Fano, è da tempo noto per il rinvenimento, nelle sue immediate vicinanze, di una necropoli picena datata all'VIII-VII sec. a.C..
Le prime notizie di rinvenimenti archeologici risalgono al 1821. Al 1899 si data l'acquisto di suppellettili di tombe, rinvenute casualmente durante lavori agricoli.
Ma è soltanto nel 1920 che scavi regolari conducono alla individuazione, nei pressi del muro di cinta posteriore dell'attuale cimitero, di 23 tombe ad inumazione (fig.1: N). Ai corredi recuperati nello scavo, che per mancanza di fondi fu interrotto e non più ripreso, si aggiungeranno successivamente altri oggetti, frutto di rinvenimenti casuali, entrati a far parte del Museo Nazionale delle Marche, sia per acquisto che per sequestro. Sulla necropoli non esistono monografie: notizie generali e citazioni si trovano però in diversi lavori.

Intendiamo ora con questa nota segnalare la individuazione di un gruppo di aree insediative, facenti parte probabilmente di un unico grande insediamento, da riferire tutte all'Età del Ferro (ma con consistente presenza, in modo particolare in una di esse, di elementi ascrivibili all'età del Bronzo, fig. 2), rinvenute nei pressi del paese e ad ovest di questo, nelle località "C.se Severi" e "le Grotte", indicate in fig. 1 con A1, A2, A3, non lontane dalla necropoli picena alla quale sono da collegare.
Il lembo di territorio sul quale sono sistemate ha contorno subtriangolare con vertice rivolto a N-O e si presenta rilevato verso il centro ove raggiunge in una zona pianeggiante m 157 s.l.m. (ricorda nella forma un ferro da stiro): è delimitato a S-E dalla strada provinciale, a N-E dalla valle dei Preti e a S-0 dalla valle dell'Inferno. Queste valli, o meglio i piccoli fossi che in fondo ad esse scorrono, alimentati sia da acque meteoriche che sorgive, confluiscono nella valle di San Giovanni per immettersi, più a valle, nel fosso delle Caminate a sua volta affluente di destra del Metauro a circa 3,5 km dalla attuale foce. Le aree insediative erano probabilmente collegate alla pianura del Metauro e al mare mediante una strada della quale, quella che ancora divide il territorio a partire dal cimitero (e dalla necropoli) fino a raggiungere - inizialmente pianeggiante, poi in ripida discesa incassata nella formazione di sabbie gialle plioceniche - la confluenza delle valli dei Preti e dell'Inferno, è probabilmente il tracciato superstite.
I reperti di cui sopra, insieme a molti altri frammenti ceramici, venivano recuperati in situ, in uno strato di terreno antropizzato venuto a giorno in seguito al potente sbancamento effettuato, quasi alla sommità del pendio che dalla strada declina verso la valle dell'Inferno (in fig. 1: A1), per l'installazione di una sonda per ricerche di idrocarburi.
Proseguite quindi le ricognizioni di superficie, esse hanno condotto alla individuazione, poco a nord della prima, di una seconda area insediativa (in fig. 1: A2), probabilmente collegata direttamente alla precedente (le separa la strada di cui si diceva), e che per essere ricoperta da poco sedimento è ben visibile dopo l'aratura per le evidenti macchie di terreno più scuro. Il forte declivio lungo il quale sono sistemate le strutture abitative di questa area digrada, a partire da appena sotto il pianoro di massima quota, verso la valle dei Preti. Ha forma di ampio anfiteatro e termina nella parte inferiore in una ristretta fascia di terreno pianeggiante limitata al disotto da una ripida scarpata. Una terza area, infine, a nord ovest della precedente (in fig. 1: A3), presenta caratteristiche insediative analoghe, affacciandosi anche questa sulla valle dei Preti. I materiali recuperati nelle varie aree e assegnabili all'età del Ferro, sono costituiti quasi esclusivamente da frammenti ceramici, in maggioranza parti di vasellame. In prevalenza di produzione locale ma anche di importazione, per lo più connessi a forme specifiche, essi sono riferibili sostanzialmente alle seguenti classi: ceramica di impasto nei tipi fine, semifine, grossolano, da sottile e ben depurata fino a molto spessa e ricca di inclusi, ceramica d'impasto molto fine ("buccheroide"), ceramica figulina giallo-rosata dipinta, ceramica a pasta grigia, ceramica attica.

La rassegna che segue, ovviamente sintetica e limitata alla sola descrizione dei reperti più significativi, viene condotta mantenendoli distinti per singole aree anche se sembra sussistere fra essi una notevole omogeneità per la presenza di molti elementi comuni.

Le considerazioni che si possono avanzare in ordine alla collocazione cronologica dei reperti fin qui descritti devono tener conto del fatto che si tratta di materiali reperiti in superficie.
Mancando quindi dell'indispensabile conforto che solo precisi dati di scavo possono offrire, usufruendo del solo confronto tipologico essi sembrano potersi distribuire in un arco di tempo notevolmente ampio vista la presenza, accanto ad elementi riferibili alle fasi più antiche dell'età del Ferro (decorazione a svastica, a cordicella, ecc.), di altri che accompagnano le fasi più recenti della civiltà picena (ceramica figulina, attica, a pasta grigia).

Ad orizzonte culturale precedente (Bronzo medio-tardo?), sembrano invece potersi ricondurre alcuni frammenti ceramici raccolti nell'area 2 e soprattutto nella 3.

Dall'area 2 provengono: frammenti di ciotole carenate di impasto buccheroide (fig.2: 1), un frammento di pentola decorata sotto l'orlo con due file parallele di intaccature orizzontali a stecca (fig.2: 2), molti frammenti con decorazione a cordoni impressi (fig.2: 3, 4). Figurano inoltre l'ansa a maniglia orizzontale con tubercoli laterali pertinente ad una scodella (fig.2: 5), frammenti di appendici di anse (?) a bastoncello verticale con cresta mediana a superficie nerolucida (fig.2: 6), l'ansa a maniglia a sezione rettangolare impostata obliquamente sull'orlo (fig.2: 7), la presa a bugnetta triangolare appiattita, impostata sul bordo di un frammento di scodella (fig.2: 8).

Dall'area 3: un frammento di olla decorata sotto l'orlo da due file orizzontali di incisioni ellittiche (fig.2: 9), un frammento di scodella con ansa a maniglia orizzontale impostata poco sotto l'orlo (fig.2: 10), un frammento di olla panciuta dal cui labbro, rovesciato in fuori e formante un'ampia gola, si stacca un'ansa verticale a nastro sopraelevata, il cui attacco inferiore conserva traccia di espansione laterale di forma ellittica (fig.2: 11), l'ansa a nastro verticale impostata sull'orlo alla cui sommità una frattura a contorno ellittico indica una sopraelevazone (fig.2: 12); è pure presente l'ansa a maniglia circolare a sezione quadrangolare con costolatura sul dorso (fig.2: 13).

L'assenza di dati stratigrafici non consente al momento, di stabilire quale rapporto, se di continuità o meno, esista fra i due orizzonti culturali.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 19.12.2004

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