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Pergola: Mulino di Cartoceto di Pergola o Mulino Brigidi


- Comune di Pergola

- T. Tarugo, affluente di destra del Metauro

- Ubicato in riva sinistra del Tarugo, a Cartoceto di Pergola

- Edificio ancora abitato nel 1996, con alcune strutture tipiche di un mulino. Canale di alimentazione interrato; rimangono i muri del bottaccio

- Ultimo sopralluogo: luglio 2010

- Riferim. carta: 1:25.000 IGM 116 I N.O.

- Simbolo di mulino nella carta 1:25.000 IGM 1952

- In elenco concessioni Genio Civile 1982 (PIERUCCI 1983)

- Bibliografia: LUCERNA 2007, PIERUCCI 1983, SCUOLA ELEM. ISOLA DI FANO 1978

Lo stabile è censito al Foglio di Mappa 10, Sviluppo "A" del comune di Pergola con i numeri di particelle 125 e 142, ed è riportato al Foglio 116 della Carta d'Italia I N.O. - Monte Paganuccio -, quota 230. Esso si trova sulla sponda sinistra del Tarugo. Proprietari sono gli eredi di Brigidi Nazareno.

Il mulino è inserito in un fabbricato basso a due piani e prendeva l'acqua dal Tarugo per mezzo di un vallato lungo trecento metri; le pareti del bottaccio sono in muratura.
Possedeva tre macine: una per il frumento, una per il granoturco e la terza per la ghianda.

Esso è esistito sin dall'epoca del "castello" di Cartoceto, che a quel tempo faceva parte del territorio di Fossombrone ed era ubicato su di una collina.


Da un documento notarile del 1601 si deduce che il mulino allora apparteneva ad Anna Clarice Pelingotti e che il 12 settembre dello stesso anno vi fu stilato un atto per l'estinzione di un censo di trecentocinquantatre fiorini. Il tributo è stato pagato da Lucio Cole di Cartoceto con la vendita di alcune possessioni, costituite da una casa e da diverse porzioni di terreni, in parte sodivi e boschivi e in parte alberati ed arativi (1).

Il mulino è inattivo da oltre quindici anni; con la morte del proprietario e la vendita della porzione di terreno, adibito a bottaccio, non è più possibile attivare l'impianto. L'intero stabile è tuttora (1996) in discreto stato di conservazione.

NOTE

(1) A.S.Pe., not. Giulio Pelingotti, anni 1601-1604, cc. 47v-50

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IL MULINO DI CARTOCETO (da una ricerca scolastica del 1978)

"Venerdì 12 maggio 1978 ci siamo recati a Cartoceto di Pergola per visitare il mulino ad acqua che è ancora attivo.
La costruzione di questo mulino è assai remota, precede la nascita del paese. Fin dall'origine il mulino è appartenuto ad una stessa famiglia: quella dei Giuliani.
Gli attuali proprietari sono due persone anziane: Brigidi Nazzareno e Bianchi Luisa, in procinto di chiudere bottega.
L'impianto si compone di un serbatoio che ha una portata massima di 350 q di acqua e una profondità di 4 m nel punto più alto; qui l'acqua, passando attraverso una condotta forzata, giunge alle pale con molta velocità, facendo ruotare l'albero collegato alle pale stesse. All'altra estremità dell'albero c'è una macina di pietra del peso di 5 q che gira sopra un'altra macina fissa, frantumando i semi provenienti dalla tramoggia. A lavoro ultimato, scendono giù nel "matriccio" farina, crusca e cruschello insieme, sollevando polvere tutto intorno. La farina, quando scende, è calda, perché le mole, girando una sull'altra, producono un attrito che le riscalda e col tempo le fa diventare lisce. Per questo il mugnaio ogni tanto deve rifare "i denti" alla mola mediante la martella, cioè deve batterla con un punteruolo, perché ritorni ruvida.
La tramoggia è munita di un registro che regola la discesa dei semi; un altro registro è situato vicino alla macina e serve per ottenere la farina più o meno fine.

Ai tempi nostri il mulino di Cartoceto lavora poco, perché sono rimasti pochi contadini nelle campagne circostanti e perché l'acqua del Tarugo è diminuita; in passato invece, specialmente durante la guerra del 1940-45, i contadini di Cartoceto, di San Martino dei Muri e della Badia portavano là cereali, fava e ghianda per ricavarne farina.
Il mugnaio veniva pagato in natura, cioè mediante una parte della roba macinata. Per ogni quintale di grano il mugnaio tratteneva per sé 3 kg di farina (oltre ai 2 chili che consumava la macina), oppure 10-12 kg se si trattava di biada.
Il mugnaio di Cartoceto ha sempre lavorato senza assicurazioni contro gli infortuni, infatti questo mestiere non presenta gravi pericoli. L'unica malattia che si può contrarre è l'asma, a causa della polvere.
L'attività del mugnaio, se c'era lavoro, era abbastanza redditizia. Si doveva pagare la tassa sull'acqua allo Stato.

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COM SE MISUREVA L'ACQUA DEL VALET

Per en fé gì fora l'acqua ch'era tla pozza, i muliner d'na volta avevn inventet la misurazione sa l baratl.
Era un sistema geniel daver per chi temp: se pieva do baratti, un se meteva tl'acqua e 'n'atre a spendlon vicin al lett. Men men ch' l'acqua cresceva, el baratl ch'era vicin al lett 's baseva.
Quand la pozza era pina, el baratle che era vicin al lett, s'arbalteva e feva un gran chiop. El padron se sveghieva, curiva giù tel mulin e macineva un quintel de gren. Dop argiva a lett per aspeté cla pozza s'arimpissa. Dastmò el muliner en aveva bsogn' de sté svegghi tutta la notte per veda se la pozza abonteva".

Da "Curiosando tra vecchi mulini", ricerca degli alunni della Scuola elementare di Isola di Fano, 1978


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 20.07.2010

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