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Carnevale di Fano: Tecniche di costruzione delle figure in cartapesta


LA NASCITA AFFASCINANTE DEI "PUPI" CARNEVALESCHI

Quando escono dai capannoni alla luce del sole, enormi, sgargianti, animati da meccanismi segreti, i carri allegorici sono uno spettacolo affascinante che sempre stupisce per il gioco perfetto di equilibri improbabili e per la lussuosa coreografia. Guardandoli viene spontaneo chiedersi come sono nati, quale mano gigante abbia potuto plasmare quei pupi enormi, quelle faccione rubiconde e la meraviglia aumenta sapendo che gli artefici di questo "miracolo" sono uomini normali, artigiani che si tramandano da anni la tradizione di questo mestiere antico quanto faticoso.

Una volta costruire un carro allegorico era un'operazione circondata dal segreto più assoluto; guai se si scopriva un collega spiare attraverso le fessure dei capannoni, guai se si veri ficava una fuga di notizie prima del giorno fatidico. Era una questione di orgoglio e di prestigio e tutti, compreso il pubblico curioso, rispettavano tacitamente questo segreto.

Oggi non è più così: le porte dei capannoni sono solo socchiuse e se gli artigiani hanno conservato un'orgogliosa gelosia delle proprie creature, chiunque può entrare ed assistere al miracolo della nascita di un carro allegorico.

Approfittando di questa possibilità noi siamo andati in punta di piedi a spiare i maestri del carnevale e vi raccontiamo momento per momento le fasi di questo "parto" affascinante.

1) Il carro allegorico nasce, prima di tutto, al tavolino dove il carrista fa un progetto dettagliato dell'opera che ha in mente. Un'apposita commissione dell'ente Carnevalesca esamina i progetti e controlla che il risultato finale sia il più fedele possibile al bozzetto. Quest'anno tutti e quattro i carri che sfileranno per le strade di Fano sono stati realizzati da noti artisti fanesi mentre ai tradizionali carristi la Carnevalesca ha dato in appalto la realizzazione dei lavori. (... ).

21 Quando bisogna passare alla "custrusiòn", il carrista prepara una struttura in legno che ha la forma stilizzata del pupo e serve da sostegno alla creta. (... )

3) La terza fase è quella della "mudellasiòn", una gettata di creta fresca che viene progressivamente modellata fino ad arrivare alla figura del personaggio o dell'oggetto da rappresentare. (... ) Qui vediamo al lavoro Toto Corsaletti che dopo anni di assenza dai capannoni è tornato al lavoro occupandosi del personagggio più rappresentativo del carnevale fanese, il gigantesco pupo che sfila per il corso cittadino il giovedì grasso. Nella foto Corsaletti (in sgargiante giacca a vento e colbacco a protezione del freddo) sta dando gli ultimi ritocchi al naso del pupo, aiutato dal figlio Marco che promette molto bene come pittore e come scultore.

4) Un altro noto artista fanese intento alla "mudellasiòn", è Valerio Ferretti (...) insieme al collega e socio "Bruno".

5) Sulla figura modellata in creta, dopo aver passato una mano di scagliola, viene incollata la carta di giornale che ne prende la forma.

6) E poi "se fa il forno", cioè il pupo di creta ricoperto di carta viene messo ad asciugare con le stufe a gas. Dopo di che per staccare la carta ormai asciutta dalla creta, si taglia il pupo ai lati, si monta e si ricuce pazientemente: il pupo di cartapesta adesso è vuoto dentro e per sorreggerlo si mette una struttura portante di legno.

7) Ecco cosa resta del pupo dopo che è stata staccata la carta ormai asciutta; è un mucchio di creta secca da buttare via.

8) Per smussarne le asperità sul pupo in cartapesta si passa a questo punto una mano di gesso che serve anche a riportare la figura allo stato originale com'era sulla creta. Quando il gesso è asciutto è pronto per la "colorasiòn" l'ultima fase che prevede un fondo di colore uniforme e poi con la pistola a spruzzo la messa a punto di tutte le sfumature.

9) Ed ecco il risultato finale: il carro allegorico in tutta la sua maestosa e sgargiante coreografia. Il miracolo è fatto.

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I PROTAGONISTI

Ogni "pupo" del carnevale fanese ha un padrino di tutto rispetto, che molte volte è un artista anche affermato. Nessuno a Fano disdegna di tuffarsi nel vortice carnevalesco. Tra i progettisti, ideatori e costruttori dei carri troviamo da anni tre noti personaggi fanesi: sono Pietro Pacassoni, Valerio Ferretti e Bruno Radicioni. Alla fantasia e all'umorismo dei tre "artisti" è affidato il successo dei carri allegorici, sui quali trovano posto decine di fanesi - giovani e meno giovani - tutti mascherati con gusto e tutti dotati di una vena comica e grottesca. La sfilata dei carri per le vie di Fano costituisce uno dei momenti più significativi della tradizione carnevalesca italiana. Anche la televisione si sta occupando da alcuni anni della manifestazione marchigiana.

Da: Il Marchigiano n. 172 del 26/2/1976

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Si comincia col disegnare, in modo più o meno particolareggiato, il bozzetto che servirà da modello per il pupo che si vuol costruire. Nella foto sono raffigurati gli strumenti e la materia prima per il modellatore: chiavi, mazzoli e creta.

I cantieri del Carnevale di Fano sono divisi, all'interno, da costruzioni in muratura chiamate "forni". Si tratta di ambienti alti 3,5 m, larghi 3 e lunghi 7. Nel loro interno si trovano due pali conficcati nel pavimento di cemento, ed è proprio su questi che si costruisce la sagoma del pupo mediante un'ossatura di legni inchiodati fra loro.

Alcuni carristi, per meglio sostenere la creta, avvolgono la testa ed il corpo di tale struttura con reti metalliche, mentre altri piantano nei legni numerosi chiodi. L'argilla, che proviene dalla Fornace di Cuccurano, è costituita da "mattoni" che misurano, approssimativamente, cm. 38x24 e cm 5 di spessore, del peso di kg 10 l'uno, formati da due strati sovrapposti di kg 5.

Essa viene posta sulla struttura, ovviamente a mano, e poi battuta, calzata con mazzoli di legno costruiti artigianalmente.

A questo punto il pupazzo viene diviso con una serie di lamine metalliche, conficcate nell'argilla, in due o più sezioni. Tale accorgimento serve per staccare le varie parti di cartapesta dopo che si saranno asciugate.

Ultimata la modellazione, sul pupazzo viene applicato - a pennello o spruzzato da un'apposita macchinetta - uno strato di scagliola liquida, necessario ad isolare la creta, che è umida, dagli strati di carta incollata che successivamente vi verranno calcati e che, se stessero a contatto con essa, farebbero più fatica ad asciugarsi.

Si prepara la colla di farina e si tagliano i giornali. Per quanto riguarda la colla, il procedimento, di norma, è questo:
  • si versa un pacco da kg 1 di farina in un secchiello con un po' d'acqua e la si scioglie con le mani in modo che non formi grumi;
  • in un recipiente di metallo, in genere un normale bidone di pittura da kg 30, si versano circa 20 litri d'acqua e quindi lo si pone sul fuoco;
  • quando l'acqua comincia a bollire si fa colare la mistura (per evitare i grumi sarebbe meglio filtrarla con una calza da donna) e contemporaneamente si mescola con un bastone. Allorché la colla sale si spegne il gas. L'indice della sua riuscita, più o meno buona, è data dalla viscosità al tatto.

In genere, qui a Fano, i pupi vengono ricoperti da uno strato composto da 4 fogli di carta di rivista incollati uno sopra l'altro, e poi, come rifinitura, di un secondo strato composto da 2 fogli di giornali quotidiani. Per quanto riguarda le riviste, sono preferibili quelle con carta non patinata, tipo "Oggi", "Gente", "Grand Hotel", in quanto essa assorbe meglio la colla; lo strato da 4 fogli, che deve essere il più robusto, è formato dalle riviste, e non dai quotidiani, proprio perché la carta delle prime è più spessa e compatta di quella dei secondi.

E' bene precisare che il termine cartapesta, a Fano come a Viareggio e come in tanti altri carnevali, è usato in modo improprio. Questo termine viene usato per comodità, ma in realtà dovremmo parlare di "carta collata"; la cartapesta è "carta macerata con l'aggiunta di un collante".

Terminata la fase della calcatura il pupo è pronto per essere asciugato. Secondo alcuni quest'ultimo è il procedimento migliore, in quanto consente alla colla di tirare, di solidificarsi durante la notte. Il forno viene fatto, di norma, con 8 stufe a gas, sistemate su 4 aste metalliche mobili: 4 parabole asciugano il davanti, 4 il dietro.

E' chiaro che durante le varie ore in cui il pupo sottostà all'operazione bisogna provvedere a spostare le stufe di continuo, abbassandole e alzandole, avvicinandole e arretrandole. Per asciugare un pupo come quello qui fotografato, alto 2,30 m e del diametro di circa 1,40 m, occorrono circa 7 ore di forno.

Terminato il forno (il pupo è ben asciutto quando, tastandolo con le mani, si sente che la forma si è staccata dal modello) le lamine che servivano a sezionare il pupazzo vengono staccate e, con cautela, si procede a "tirar giù" le parti essiccate. Queste vengono appoggiate per terra: il loro interno, ancora umido, si deve asciugare da solo. Per non farle deformare, alcuni carristi usano fissarle con punti metallici su fogli di compensato; questi punti vengono dati su quella parte di carta che era debordata sulle lamine e che già di per sé contribuisce a far si che la forma non tenda a curvarsi verso il suo interno.

L'operazione successiva, una volta che le parti del pupo siano del tutto asciutte , è quella del montaggio. Preso un "murale" (piccolo travicello di legno largo cm 8 e spesso cm 3,5) alla sua sommità si inchioda un pezzetto di compensato; si prende la parte anteriore del pupo, ponendo l'interno della testa sul compensato che ha il compito di sostenerla, e quindi si fissa la cartapesta con dei chiodini, sotto cui si mette un pezzettino di cartone perché il chiodo non laceri la carta, o con dei punti metallici. E' preferibile, per ragioni di robustezza, che il murale centrale sia disposto "a coltello", che si presenti, cioè, non in senso frontale ma in sezione.

Per ciò che concerne il numero dei legni (i "rigoletti") occorrenti per l'intelaiatura interna, non vi è una regola precisa, ovviamente, ma si procede a seconda di come è fatto il pupo, se cioè ha le gambe unite o divaricate, se le braccia sono slanciate o unite al corpo, ecc... In genere, per quanto riguarda la testa, si mettono due legni frontali che puntano la cartapesta da tempia a tempia e da guancia a guancia, più altri due in senso longitudinale che puntano, uno dalla fronte, l'altro dal mento, alla corrispondente parte posteriore della testa. Fissato il davanti, si procede all'applicazione della parte posteriore. L'orlo ingrappettato viene quindi tagliato via e, man mano che si procede in tale operazione, si fa un taglio nella parte posteriore del pupo, si introduce il becco della cucitrice e si cuciono le due parti. Per una maggior robustezza e tenuta delle cuciture si usa ingrappettare un pezzetto di cartone all'interno del pupo nel punto dove avverrà la cucitura.

Riccardo Deli


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2000
    Ultima modifica: 05.02.2005

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