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Salmì del prete


Costituiva un piatto molto ricercato che si preparava in particolari ed importanti ricorrenze; chiaramente era un piatto alla portata di pochi. Più spesso lo preparavano le famiglie benestanti e qualche ghiotto canonico di campagna di quelli che descrive Fabio Tombari nel suo celebre libro "I Ghiottoni". Da qui il nome di "salmì del Prete".

Si fa cuocere la carne (cacciagione, lepre, coniglio, piccione) allo spiedo. Appena cotta si taglia a pezzetti che si sistemano ben accostati l'uno all'altro in una teglia di coccio abbastanza larga. Questo strato di carne viene ricoperto poi con strisce di prosciutto, capperi, acciughe, gineprella (zineprella) macinata, fettine di cipolla, spicchi di aglio non pelato, salvia, e acini di pepe. Si forma poi un secondo o terzo strato di carne e di aromi fino all'esaurimento della carne. Si pigia il tutto molto bene e si ricopre con olio e aceto. La teglia va ricoperta con un foglio di carta velina e sopra si pone un piattino con aceto. Il fuoco deve essere disposto intorno alla teglia, non sotto, per cui è necessario usare fuoco di carbone e non di gas. Quando l'aceto sarà tutto evaporato il "salmì" è pronto. Si ritira dal fuoco e si serve il giorno dopo a temperatura ambiente.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 21.03.2005

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