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Il Ciclo evaporitico del Messiniano


Il Messiniano segna importanti cambiamenti nelle condizioni fisiografiche dei bacini. Durante questo periodo, infatti, in tutta l'area mediterranea, per effetto dell'evoluzione tettonica, si innesca o si riattiva il sollevamento delle catene circummediterranee; contemporaneamente un mutamento nelle condizioni climatiche genera una fase glaciale che, impegnando grandi masse d'acqua nei ghiacciai continentali, provoca un abbassamento del livello marino di almeno un centinaio di metri.

Le soglie che vengono a crearsi per l'effetto combinato di tali movimenti provocano una riduzione o la cessazione delle comunicazioni tra il bacino del Mediterraneo e gli Oceani Atlantico e Indiano. Ciò produce l'instaurarsi di un ambiente inizialmente eutrofico, che determina condizioni di anossia nei fondali marini, quindi iperalino, con la precipitazione di minerali evaporitici, essenzialmente gesso e salgemma.

Le evaporititi sono depositi salini che si formano per precipitazione diretta di sali da soluzioni concentrate dette salamoie o brine. In natura la concentrazione necessaria per produrre un simile processo si raggiunge grazie al semplice fenomeno dell'evaporazione, da cui deriva la denominazione generale di questo gruppo di sedimenti.

Le evaporiti si formano di norma in climi aridi o semiaridi per evaporazione di acqua marina (la cui salinità media è del 35‰) entro una salina naturale, ovvero un bacino in qualche modo isolato dal mare aperto (golfi, lagune o piane tidali). Sono anche note evaporiti formatesi in depressioni continentali occupate da specchi d'acqua perenni (laghi) o stagionali (playa) i cui sali provengono dalla dissoluzione di rocce e terreni presenti nel bacino imbrifero o da eventuali acque marine fossili presenti sia in falda che in superficie.

Le condizioni affinché si possano deporre evaporiti sono dunque legate alla presenza di soglie o ostacoli alla circolazione idrica che producono l'isolamento più o meno totale di masse d'acqua. Queste, per effetto dell'evaporazione, aumentano la concentrazione salina fino alla saturazione ed alla conseguente precipitazione di sali, che avviene in ordine inverso alla loro solubilità. I sali che più comunemente si depositano in seguito a processi di evaporazione sono solfati e cloruri.

In ogni caso è in qualche modo necessario che vi sia un apporto di acque entro il bacino di deposizione delle evaporiti perché non sarebbe altrimenti possibile spiegare, per i depositi messiniani, spessori anche di migliaia di metri per giustificare i quali, in un modello di mare completamente chiuso, sarebbe necessario immaginare l'esistenza di una colonna d'acqua di diversi chilometri di spessore, mentre gli indicatori batimetrici riconosciuti (es. tappeti algali) indicano che l'ambiente deposizionale era costiero o di mare sottile.

Anche l'avanfossa nord-marchigiana risente di questa fase e la serie stratigrafica che caratterizza questo intervallo di tempo rappresenta un tipico ciclo evaporitico. La presenza, entro questa successione, di minerali quali lo zolfo, a lungo oggetto di coltivazione nelle miniere della Provincia, o anche di talune litofacies calcaree, è frutto della trasformazione di una parte del gesso dovuta all'attività di batteri solfato-riducenti in presenza di idrocarburi.

La successione messiniana è suddivisibile in due sequenze sedimentarie separate da una superficie di discontinuità medio-messiniana e depostesi sotto regimi tettonici differenti.

La sequenza sedimentaria inferiore, caratterizzata da una variabilità di facies e di spessori, comprende Tripoli, Calcare di Base, Marne bituminose e Gessi e termina con la torbiditica Formazione Marnoso-Arenacea di S. Donato che nelle aree di bacino può raggiungere spessori fino a 5-600 metri.

La sequenza sedimentaria superiore è rappresentata dalla Formazione a Colombacci, caratterizzata da una estesa continuità laterale in tutta la regione e da una sedimentazione ciclotemica. I cinque orizzonti calcarei detti colombacci rappresentano infatti veri e propri livelli guida presenti dal forlivese all'ascolano.

Dal punto di vista paleogeografico sono state riconosciute più aree depocentrali che, a partire dai settori più interni verso l'Adriatico, sono quelle di Pietrarubbia-Peglio, Montecalvo in Foglia-Isola del Piano e Monte Luro-Monte delle Forche, fra loro rispettivamente separate dagli alti strutturali di Sassocorvaro-Monte della Cesana e Montefiore Conca-Fontecorniale. Tale suddivisione in una serie di bacini e soglie tende, almeno in parte, ad attenuarsi al tempo della deposizione della Formazione a colombacci, con un sostanziale livellamento delle irregolarità topografiche.

Le unità litologiche facenti parte della successione messiniana risultano pertanto estremamente variabili in spessori, facies, ecc. in funzione del settore di bacino in cui si sono sedimentate.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 09.10.2004

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