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Il Porto di Fano dal XVII al XVIII secolo (Una città adriatica fra medioevo e rinascimento)


Il Porto di Fano dal XVII al XVIII secolo. Da: Una città adriatica fra medioevo e rinascimento - documenti della marineria di Fano nei secoli XIV-XV-XVI

All'inizio dell XVII secolo le possibilità di Fano di costituire un punto "commerciale marino" di una certa importanza erano sempre più ridotte dalla fatiscenza, ormai, delle sue strutture portuali.
D'altra parte l'evoluzione dei tempi aveva mutato notevolmente le necessità del commercio marittimo. Le navi erano divenute decisamente più grandi per dimensioni e portata, la propulsione velica si era chiaramente imposta, e una struttura portuale come quella utilizzata a Fano fino al secolo XVI aveva permesso una certa attività marittima, era ormai superata dai tempi e, anche se ripristinata, sarebbe risultata insufficiente.
Inoltre in questi anni Fano aveva raggiunto una relativa autonomia nell'ambito dello Stato Ecclesiastico di cui faceva parte, mentre il suo territorio era attorniato dal Ducato di Urbino. La via Flaminia continuava a convogliare su Fano la produzione cerealicola di un grande territorio retrostante, ma i Fanesi vedevano solo transitare per i propri terreni questi prodotti che venivano poi imbarcati a Pesaro, Senigallia o Ancona, per raggiungere i mercati del nord.
Logico quindi che il tema del porto ormai insufficiente che, se riattivato, avrebbe portato sicura ricchezza alla città, producesse continue richieste al governo centrale (la Santa Sede) per ottenere la ricostruzione o la costruzione di nuove opere marittime.
Per ovviare all'insabbiamento periodico che aveva reso insufficienti le precedenti opere portuali, i tecnici del tempo ritenevano che eventuali depositi potessero essere trascinati via dalla corrente d'acqua del canale appositamente indirizzata. Perciò alla fine del primo decennio del XVII secolo la comunità fanese si affrettò a mettere in evidenza che l'avvenuta realizzazione di un nuovo canale (il Vallato), che dal Metauro convogliava la sua corrente lungo le mura nord della città, sfociando in mare avrebbe potuto produrre gli effetti drenanti utili per tenere sgombro il fondale del porto.
Così nel 1613, dopo lunghe e controverse discussioni legate ai costi previsti e alle difficoltà tecniche, finalmente il Papa dette via libera alla realizzazione del porto.
La costruzione, che fu seguita dall'architetto Rainaldi, durò alcuni anni e nel 1618 poté considerarsi pressoché terminata; prese il nome di Portus Burghesius in onore del Papa Paolo V (Camillo Borghese) che ne aveva permesso la realizzazione. La costruzione, in effetti, fu senz'altro prestigiosa e notevole per quei tempi e assorbì enormi quantità di denaro; infatti, si trattò di realizzare importanti opere di scavo per un canale che dalla spiaggia marina conduceva alla darsena capace di ospitare le imbarcazioni dell'epoca. Furono spesi 72.000 ducati, che a fronte delle entrate annuali della comunità di Fano, erano veramente tanti.
Ma quest'opera in realtà, probabilmente per inadeguata manutenzione, una quarantina d'anni più tardi era già insabbiata mentre le sperate correnti di traffico marittimo non si erano potute rendere concrete. Per questo, alla fine del secolo (1691) di nuovo la città di Fano e quelle del territorio lungo la Via Flaminia fino a Città di Castello, Gubbio e Perugia, riproponevano a gran voce la necessità di un porto efficiente, a Fano. Così nella prima metà del 1700 furono effettuate nuove opere sussidiarie per mantenere a valori accettabili il fondale del porto. In realtà le spese ci furono, ma gli effetti auspicati no.
La stessa costruzione della "Liscia", costruzione che convogliando le acque del canale dei mulini ad un livello superiore al livello del bacino del porto produceva in caduta una notevole accelerazione della corrente d'acqua per il drenaggio del fondale, si rilevò insufficiente allo scopo.
Così da questo periodo il porto di Fano, finalmente con fondali adatti, vede concretizzarsi una crescente attività di trasporti via mare, in entrata e in uscita, che si produrrà per tutto il secolo. Le merci in uscita sono per il 90 % cereali, mentre vengono sbarcate in entrata merci varie: legname d'Istria, sale e canapa dalla Romagna, metalli da Trieste e Venezia, lana dalla Dalmazia.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1990
    Ultima modifica: 11.07.2010

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