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Frontone: Museo del castello - Gaetano Lapis: Visione di Sant'Antonio da Padova


Olio su tela cm. 211 x 139. Artista: Gaetano Lapis. Provenienza: Chiesa di S. Maria del Soccorso di Frontone (ex Chiesa baronale). Proprietà del Comune di Frontone.

La Chiesa di S. Maria del Soccorso di Frontone (ex Chiesa baronale) venne ricostruita quasi ex novo, nel 1740, in seguito ai gravi danni subiti nel terremoto di quell'anno. Era allora abate della Chiesa Bartolomeo Bracceschi di Cagli. La presenza del religioso cagliese può spiegare la scelta di Gaetano Lapis per la pala dell'altare di sinistra, dedicato a Sant'Antonio: il pittore, in quegli anni, era l'autore forse più ricercato della zona per la brillante attività in patria e a Roma. A lui, quindi, si può assegnare con certezza la bella pala raffigurante la Visione di Sant'Antonio da Padova, i cui caratteri stilistici, peraltro, sono immediatamente riconducibili ai modi raffinati del Maestro cagliese. Si tratta di un'opera della piena maturità del Lapis, dipinta presumibilmente nel 1740 o poco dopo, negli anni dunque della piena affermazione sancita dall'accoglimento tra i membri dell'Accademia di San Luca, avvenuta il 3 ottobre 1741, dietro presentazione di Sebastiano Conca. E' quindi un dipinto situabile con un certo margine di sicurezza nell'iter pittorico del Lapis, un percorso connotato da una singolare uniformità stilistica che rende difficile collocare cronologicamente opere non datate o altrimenti documentate. Anche gli schermi compositivi si susseguono secondo moduli ripetitivi, che vanno dalla pala d'altare con più personaggi di stampo marattesco, alla figura singola, alle scene di estasi dove il protagonista è assistito da figure di secondo piano o circondato da presenze angeliche. La pala di Frontone appartiene a quest'ultima tipologia e propone, senza varianti, un modello iconografico già visto nella pittura romana di primo Settecento, dal quadro di Benedetto Luti della Basilica dei Santi Apostoli a quello di Francesco Trevisani nella Chiesa delle Stimmate di San Francesco. Ma ciò che riscatta la banalità dell'invenzione, accanto alla consueta ricercatezza formale, è l'estenuato languore del giovane Santo dai delicatissimi tratti, quasi femminei, che stringe dolcemente il Bambino portando al petto un'esile mano nervosa. Come in molte altre composizioni lapisiane, al delicato abbandono del protagonista in estasi è affiancata la vivace freschezza delle figurette angeliche, poste ai margini della scena, che introducono giocosamente lo spettatore all'evento, uno dei rari accorgimenti, tipici di certa teatralità barocca, non infrequente nei dipinti del Lapis: lo ritroviamo a Cagli nell' Estasi di San Filippo Neri, dell'omonima Chiesa, o nella Morte di Sant'Andrea Avellino della Cattedrale. Altro elemento notevole di questa bella pala è la sapiente originalità della gamma cromatica, tutta giocata su spente tonalità brune e grigie, interrotte dai due azzurri della tovaglia e del mantello del Bambino. Una scelta che conferma le straordinarie doti di colorista del Lapis, solitamente amante di tinte squillanti e contrastanti, ma capace anche di inediti accostamenti di colori pastello, come in alcune delle Sante della Chiesa cagliese di S. Chiara, preludenti a delicatezze materiche di gusto preneoclassico, in sintonia con il costante orientamento che sfronda l'enfasi barocca in favore di posizioni più composte e semplificate.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 25.01.2007
    Ultima modifica: 28.07.2007

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