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Nella Valle di Gaìfa (sentiero per San Cristoforo dei Valli, sentiero per la Baita, sentieri CAI n. 335, 331 e 330, strada Villa Croce)


NELLA VALLE DI GAIFA (sentiero per San Cristoforo dei Valli, sentiero per la Baita, sentieri CAI n. 335, 331 e 330, strada Villa Croce) (Comune di Urbino)

Tempo di percorrenza: h 4 30’ (percorso a palloncino)
Lunghezza: 14 km
Difficoltà: E
Ultima verifica dell'itinerario: 2023

La Pieve di Santa Maria di Gaìfa ha una storia ricca di episodi straordinari, fino ai nostri giorni, e il suo legame con la valle nella quale ci addentriamo è simboleggiato dal contatto visivo con la Torre della Brombolona che svetta su uno degli irti colli che caratterizzano questo versante delle Cesane.

Dove la superstrada proveniente da Fano e diretta ad Urbino termina il suo percorso, poco dopo essere entrati sulla Strada Statale, proprio in fondo ad una fila di case una piccola strada sale a destra e raggiunge dopo un chilometro la Pieve di Santo Stefano di Gaifa,

Partiti dal piazzale antistante la Pieve camminiamo sulla strada bianca che va oltre addentrandosi nella campagna. Al primo bivio la lasciamo e giriamo a sinistra e poco dopo continuiamo a stare a sinistra quando la via si sdoppia per salire ad una casa privata. Stando bassi incontriamo un grosso edificio disposto su tre livelli: era il mulino Gulla e ne comprendeva tre di mulini, e fu attivo fino al 1946. Dopo il mulino il sentiero si è stretto e dopo il guado diventa anche piuttosto impervio affrontando la scarpata; usciti in un campo ci teniamo sul margine basso fino a giungere alledicola della Madonna del Latte. Il sentiero prosegue sotto la madonnina e la grossa quercia che la protegge. Si scende leggermente allombra degli alberi e nel punto più basso, dove le piante sono più piccole e il viottolo sembra svoltare a destra dobbiamo invece curvare a sinistra, rientrare nel bosco e poco dopo sfondare in un altro campo. Ci teniamo sul margine sinistro del coltivo e quando scompare la siepe che ci affiancava, un piccolo stradello erboso incrocia il nostro cammino e va a sinistra. Lo seguiamo. Passiamo poco sotto ad unabitazione privata, tra gli ulivi, e arriviamo al torrente, lo stesso attraversato in precedenza. Sullaltro lato ecco il Mulinaccio. Il nostro percorso però continua da questo lato del corso dacqua, quello da cui siamo arrivati. Quando il sentiero piega a destra e passa davanti a quel che resta di Cà Ciccolina: si sale un po’ e troviamo uno spazio aperto dove occorre trovare, poco prima del bosco, la deviazione a destra. Seguendo il tenue declivio si vedono i segnavia bianco-rossi che conducono ad un sentiero che si tuffa nella fitta boscaglia. Tra una moltitudine di specie arboree e arbustive decidue, lantico camminamento segue limpluvio e talvolta permette di guardarsi attorno o di vedere la roccia viva affiorare. Un’improvvisa deviazione a destra segna la fine della piccola valle e linizio di una salita tuttaltro che impegnativa. Ora il sentiero taglia il versante obliquamente e tra cespugli di scotano e di ginestra porta ad una breve rampa che irrompe su uno spartiacque dove il bosco che ci ha ospitati si arresta e incontra i campi del versante di San Cristoforo dei Valli. A pochi metri troviamo una grande vasca naturale scavata nelle argille e anche qui i cinghiali fan festa... Ma poco più avanti, sulla sinistra, è facile individuare lo stradello che sale appunto dai Valli e prosegue verso lalto compiendo un tornante. Dobbiamo immetterci su questa via, salire, raggiungere i ruderi di Cerreti e salire ancora. Lo stradello adesso è ripido e ciottoloso, poi il declivio quasi sparisce, il fondo diviene un comodo lastricato e gli alberi ombreggiano. Larrivo alla Baita è una tappa piacevole e rilassante.

Si riparte dal lato opposto della struttura, avvicinandosi alla Strada Provinciale, ed è facile individuare il sentiero che parte a sinistra. Siamo nel fitto della pineta, infatti il sentiero è una sottile traccia a senso unico, per cui lincontro con i ciclisti prevede di dare la precedenza: se si incontrano altri escursionisti andrebbe sempre rispettata la regola di dare precedenza a chi va in salita. Ma in questo tratto salite non ce ne sono. Lunica importante deviazione arriva quando si fiancheggia la strada e poi una piccola rampa porta su uno stradello che gira a sinistra e subito dopo inizia a salire tagliando il versante obliquamente, riducendosi a sentiero. Una finestra tra gli alberi mostra il panorama che arriva fino agli Appennini. Poco dopo anche quel po' di salita è già finita, siamo dalle parti di Cà Crescentini. Questa pineta è divisa in due da uno stradello nel quale ci ritroviamo davanti al cartello che aiuta a riconoscere il sentiero da seguire. Andiamo a destra, verso il basso, seguendo lindicazione per Colla Romana. Il sentiero è stretto e anche scivoloso se bagnato. La discesa intercetta una strada forestale e prosegue oltre, sempre nella pineta, fino al fosso dove il sentiero si avvicina alla strada asfaltata, dribbla alcune grosse piante su terreno umido e dopo una breve rampa possiamo finalmente rilassarci. C’è unaltra strada forestale pianeggiante che iniziamo a percorrere andando a sinistra e per mezzo chilometro possiamo stare tranquilli, senza alcuna difficoltà. Siamo appena sotto la piccola altura della Colla Romana. Il crinale che si sviluppa da lì sopra lo intercettiamo più avanti. Lo stradello che percorriamo gira nel versante opposto mentre il sentiero sale a cavallo del crinale ma noi andiamo a sinistra e ci apprestiamo ad una discesa ripida e ad una traccia stretta in un bosco di pungitopo e giovani latifoglie. La strada che avevamo lasciato viaggia alla nostra destra e un paio di volte ricompare in corrispondenza di tornanti che lambiscono il nostro crinale. Dopo un ripido scalino c’è uno stradello rinaturalizzato che sorpassiamo per proseguire sul crinale con una tregua alla discesa perché ora il bosco è pianeggiante. Tregua che finisce quando una svolta a destra ci proietta in una fustaia di pini, querce e carpini neri. Un pezzetto ripido ed ecco per la seconda volta la strada, ma è solo per un attimo, dato che andando a sinistra la evitiamo. Qualche minuto ed uno stradello dismesso interrompe bosco e discesa immettendoci su un nuovo sentiero che entra a destra, quasi orizzontale, precedendo una breve discesa che porta ad un ampio slargo dove arriva la solita strada e da dove in alto a destra vediamo la cava abbandonata del Conio. Il sentiero riparte tra gli alberi, a sinistra, ora più largo e con un po' di salita che ormai non ci aspettavamo più. Il panorama per un attimo è profondo e sorprendente e ci mostra i monti del Furlo in primo piano, ma la nostra attenzione viene poi rapita dal bosco semidistrutto dallincendio dellestate 2017. Il sentiero lattraversa in piano, il paesaggio si allarga fino a Urbino e allAppennino e da qui potremmo anche sentire le campane della Pieve di Santo Stefano che è laggiù in fondo alla valle.

Allimprovviso il sentiero svolta a destra e compie una breve salita, accede ad una pineta intatta e gira subito a sinistra, verso il basso. In realtà anche questo pezzo di rimboschimento ha subìto i danni del fuoco e ce ne accorgiamo poco dopo quando entriamo in una zona cosparsa di alberi anneriti, morti in piedi o già caduti a terra. Il sentiero si è stretto e potrebbero esserci nuovi crolli ad ostacolare il cammino. Un piccolo impluvio con latifoglie spezza la routine, poi gli spazi si allargano e inizia una lunga serie di tornanti che ci indirizzano al grande fosso. Giunti sul lato opposto una lieve ascesa conduce alle case di Villa Croce. Attraversiamo il borgo camminando sulla strada carrabile che sarà la nostra via per un po’ e ci fa compiere un semicerchio sotto il colle in cui sorgeva il Castello di Primicilio. Poi la strada ci fa passare tra le case delle Pieie e scendere fino ad una nuova deviazione, stavolta a sinistra, dove c’è una sbarra da superare, poco dopo un capanno, poi il margine di un campo ed uno stradello che termina su unaltra strada a pochi passi da una casa abbandonata di colore bianco. Ecco che siamo tornati nella valle del Fosso Cavaticci e il campo sotto di noi è quello delledicola della Madonna del Latte. Per chiudere lanello dobbiamo scendere al bordo del campo (se coltivato) finché in basso appare lingresso al sentiero che avevamo percorso in salita uscendo dal fosso. Adesso è una discesa, lultima discesa, e poi il guado, il mulino Gulla, lo stradello e infine il pezzetto di imbrecciata che porta alla Pieve.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 15.03.2024
    Ultima modifica: 15.03.2024

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