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Gerolamo Cialdieri: Deposizione


La tela sull'altare di destra, attribuita a Gerolamo Cialdieri da Urbino, sembra unire alla iconografia della Deposizione quello della Pietà.

Gli unici personaggi, infatti, sono il Cristo, livido e col capo reclinato, visto frontalmente, come nella tradizione veneta a partire da Bellini fino a Lotto, la Madre che lo sorregge e il cui capo spunta da dietro una spalla, e cinque angeli che esibiscono alcuni strumenti della passione.

Il gruppo emerge da un fondo quasi completamente nero su cui si stagliano l'azzurro intenso del velo della Madonna, richiamato nelle ali di alcuni angeli, e il rosso del panneggio in primo piano, con accostamenti cromatici molto suggestivi.

Il corpo del Cristo è percorso da ampi solchi d'ombra drammaticamente contrastanti con la luce radente emanata dal cero sulla sinistra e in alcuni particolari anatomici richiama il dipinto di tema analogo che Cialdieri lasciò nella chiesa dei Cappuccinidi Cagli.

La presa d'immagine del dipinto è molto più ravvicinata e incombente rispetto ad altre opere del pittore, forse riconducibile anche nell'impostazione diagonale alla Madonna del Rosario con Santi a Peglio, databile ai primi anni del quarto decennio.

BIBLIOGRAFIA
MOCHI ONORI 1994

Gerolamo Cialdieri

Urbinate, figlio di Bartolomeo, anch'egli pittore, nato nel 1593 e morto nel 1680, si formò alla scuola che il veronese Claudio Ridolfi aveva aperto nei primissimi anni del '600 a Urbino, in Ca' Gondi, mostrandosi artista versatile.
Ben presto acquistò una posizione autonoma con proprie committenze, anche grazie alla velocità di esecuzione con cui realizzava i suoi dipinti, a volte a scapito della qualità, in seguito instaurando con l'antico maestro rapporti di collaborazione, non più di discepolato, nonostante il suo linguaggio espressivo resti dipendente per gran parte della produzione a Ridolfi stesso.
Il primo frutto di questa collaborazione sono i dipinti a monocromo del 1621 per l'Apparato di nozze del matrimonio tra Federico Ubaldo, ultimo erede dei Della Rovere e Claudia de' Medici, cui seguirà, a quanto pare, intorno al '20 la commissione dell'ordine francescano per il Convento dei Minori Osservanti di Ostra Vetere.
Le commissioni francescane al Cialdieri paiono essere una costante dalla fine del secondo decennio del secolo e forse si possono porre in relazione, dopo la devoluzione del Ducato alla Chiesa, con i rapporti fra il pittore e la potente famiglia papale dei Barberini, protettrice dell'ordine francescano.
Il decennio '30-'40 è ricchissimo di una produzione di opere devozionali per le chiese di Urbania, Mondolfo, Monte Paganuccio, per il Santuario del Pelingo e soprattutto per Cagli dove, nella chiesa di S. Giuseppe, lascia un altro ciclo di affreschi, di notevole forza espressiva, con belle architetture e prospettive.
Caratteristica del Cialdieri è, infatti, l'attenzione per gli sfondi paesaggistici e prospettici che gli procurò anche l'ammirazione del Lanzi.
Un soggetto ricorrente nelle opere di questo periodo è la Vergine con il Bambino e Santi realizzato ovunque secondo il medesimo schema compositivo, variando solo un poco l'impaginazione.
Alla fine del terzo decennio del '600 un'ulteriore collaborazione con il Ridolfi: le tele con le Storie di S. Paolo per la chiesa di S. Paolo a Urbino. Nel 1634 gli viene pagata la predella con Strage degli innocenti, per la chiesa della Misericordia di Cagli, forse completamento di una pala del maestro Ridolfi di dieci anni prima.
Ugualmente nel '37 esegue i quindici riquadri entro cornici a cartella monocrome, rappresentanti i doni dello Spirito Santo, profeti ed episodi biblici ed evangelici per la chiesa di S. Spirito a Urbino, dove interviene anche nel disegno delle finte paraste delle pareti.
Cialdieri, che operò anche come architetto (suoi sono i progetti per il palazzo della Confraternita del Corpus Domini, distrutto nel '700), svolse la sua attività di frescante anche nel palazzo ducale di Sassuolo dal 1634, dimostrandosi all'altezza dell'importante incarico, forse procuratogli dal cardinal Giovan Battista Scanaroli, soprintendente generale degli affari di casa Barberini, che era modenese.
Sembra che già nel 1633 Cialdieri avesse aperto una bottega autonoma, quando venne incaricato di assistere all'esumazione di Francesco Maria I, voluta da Taddeo Barberini, per documentare con disegni colorati l'abito da Prefetto di Roma con cui il duca era stato sepolto. L'interesse del Barberini si giustifica con il fatto che aveva assunto tale carica, già appannaggio dei della Rovere, dopo la devoluzione del Ducato.

BIBLIOGRAFIA
FUCILI BARTOLUCCI 1986
MOCHI ONORI 1994


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 02.04.2001
    Ultima modifica: 28.01.2011

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