Beni storici e artistici
Fossombrone: Mulino di Sotto
- Comune di Fossombrone
- Fiume Metauro, poco a valle del centro storico di Fossombrone
- Ubicato in riva sinistra
- Ruderi degli edifici e della briglia
- Ultimo sopralluogo: luglio 1984
- Riferim. carta: 1:25.000 IGM 109 II S.O.
- Bibliografia: LUCERNA 2007, VERNARECCI 1969
A circa un miglio dalla città si trovava il secondo dei due mulini urbani di Fossombrone,
purtroppo entrato in decadenza nei primi decenni del XVIII secolo.
Per raggiungerlo, una volta usciti dalla Porta
dell'Ospedale, si seguiva la strada Flaminia in direzione di Fano e, giunti in
località "la Croce", si girava a destra prendendo una stradina
(l'attuale viale Don Bosco) che conduceva giù al fiume.
Con la morte dell'ultimo duca, avvenuta nel 1631, quasi tutte le proprietà personali, patrimoniali e allodiali passarono ai granduchi di Toscana, dato che Federico Ubaldo (1605-1623) aveva sposato nel 1621 Claudia Medici, figlia del granduca Ferdinando I. Il "mulino inferiore" - cosi viene definito nei registri dei morti della cattedrale - aveva una traversa sul fiume (1), un proprio vallato e alcuni edifici posti in batteria in modo che l'acqua del Metauro poteva essere adoperata da tutti. Essa infatti passava dietro tali costruzioni, usate come mulino da grano e biadami, come cartiera e come gualchiera per l'attività della lana. La documentazione più antica - ma l'insieme degli edifici risale ancora più indietro nel tempo - è del 1365 e riguarda la vendita per 100 lire di denari di un mulino e di 1/6 di due gualchiere da parte di Matteo di Francesco al nobiluomo Leonello di Giuliozzo Malatesti (2), appartenente al ramo malatestiano che visse in Fossombrone per parecchi decenni.
Scriveva Cesare Azzi (1594-1635?), figlio di messer Tommaso, in un testo pubblicato nel 1642:
"(Fossombrone) hà tra gl' Edifitij d'utile, due Cartare, due Molini di fabrica forte, e spatiosa molto commodi a Terrazzani per la vicinanza, e à forastieri per l'abbondanza dell'Acque, che non possono esserlo levate in modo alcuno, e non rimangono mai per qualsivoglia gran siccità di stagione di macinare" (3).
Il frate cappuccino Fra Ridolfo Maria Romani (1655-1740) ne parlava così circa cinquant'anni dopo:
"L'altro (molino) lontano quasi un mezzo miglio dalla Città spettante alla Serenissima Granduchessa Vittoria di Toscana, ma di rendita inferiore" a quello di sopra. Nella mezza pagina bianca di sinistra il Romani successivamente aggiunse: "Oggi questo è guasto"(4).
Nella stessa pagina egli così proseguiva:
"Hà parimente due Cartare, dove si fabrica ogni sorta di Carta; l'una nel sopradetto Molino della Serenissima di Toscana, dove sono ancora Ingualchiere per Panni..."
Di fianco in seguito scrisse: "Questa pure oggi è guasta".
L'eccessiva vicinanza al fiume rappresentava infatti un serio pericolo per la continuazione nel tempo delle varie attività economiche che vi si portavano avanti. E così, probabilmente in seguito ad una serie di piene sempre più gravi, che certamente invasero i locali e devastarono i macchinari, si rese necessario abbandonare questo importante complesso produttivo, tanto che esso nel 1723 non era più in funzione. Le successive rovinose piene del XVIII secolo, che rappresenta il cuore di quel periodo definito dagli studiosi "piccola glaciazione", ricoprirono completamente il sito di ghiaia, del quale rimase tuttavia una memoria nei documenti catastali dell'epoca con l'uso del termine "Molinaccio" (5). Ed è ancora una volta a causa di una straordinaria piena del Metauro, giunta nel 1976 e che ha asportato una parte della ghiaia, che è stato possibile tornare a vedere le strutture murarie della briglia, il vallato e alcuni degli edifici che ospitavano le strutture produttive.
La briglia era stata realizzata conficcando nella roccia possenti pali di quercia, uniti tra di loro da travi orizzontali fermate da grossi chiodi di ferro. L'intelaiatura lignea era poi stata ricoperta dalla muratura in pietra, come risulta dalla documentazione fotografica predisposta nel 1976.
Il vallato, dopo un tratto di circa 150 metri, finisce interrato a breve distanza dal nuovo ponte sul Metauro (inaugurato nel 1985).
Nel 2005 una nuova piena del Metauro contribuisce a mettere allo scoperto i ruderi dell'opificio (LUCERNA 2007).
NOTE
(1) L'esistenza delle strutture di servizio dei
mulini, cioè chiuse e vallati, è attestata anche dal Registro dei morti della
Cattedrale, anni 1618-1637. Ad es., nel 1625 "Gioseffe figliolo di
Ambrosio Ambrosij da Fabriano di anni 14 s'affogò sotto la chiusa del Metauro
del Mulino di sotto" (c.102v). Questi registri si trovano presso
l'Archivio dei Canonici.
(2) A.Vernarecci, Fossombrone dai tempi antichissimi ai nostri, Fossombrone 1969, vol. I, p.316, nota.
(3) Jacopo Lauro, Heroico splendore delle Città del Mondo, Libro primo, Roma 1642, c.96.
(4) Fra Ridolfo M.a Romani, Della Città di Fossombrone e sue memorie antiche..., Fondo Cappuccini, vol.95, c. 193v, in Biblioteca Passionei di Fossombrone.
(5) Nella mappa catastale della "Contrada di Parasacco, Valle, Valletta, Piano delle Mosse", conservata nell'Archivio storico
di Fossombrone, sotto la voce Piano delle Mosse il vocabolo n. 91, situato sulla sponda sinistra del Metauro, porta la dicitura: "Molinaccio".
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 01.01.1999
Ultima modifica: 21.06.2009




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