Carnevale, feste, tradizioni e lavoroCarnevale, feste, tradizioni e lavoro

Indietro

La Sega la Vecchia a Urbania

Avanti

Il Carnevale di Fano - Generalità

La Vecchia a Fano


La Vecchia è una tradizione cessata a Fano verso il 1950-60.
A metà quaresima i bambini ricevevano un piccolo carretto ornato con carta colorata e contenente arance, pigne, fichi secchi.
Nel passato la tradizione era più sentita, come testimoniano le descrizioni seguenti.

-----------------------

Festeggiamenti del 1899

La Vecchia è stata quest'anno da noi festeggiata in modo speciale ed insolito. Ad iniziativa di un comitato di volenterosi giovanotti e di alcune signore è stata organizzata una festa a scopo di beneficenza, la quale è riuscitissima.

Verso le 15 la Vecchia, una grossa quanto altrettanto brutta pupa, ha sopra un carro tirato da giovenche fatto il giro delle principali vie preceduta dalla brava fanfara e da un numeroso corteo. Compiuta la passeggiata è stato aperto l'atrio del Teatro ove si trovavano bene disposti i numerosi regali raccolti, alcuni dei quali bellissimi, ed ha avuto principio la pesca, la quale con grandissima affluenza di popolo si è protratta sino a sera.

Doveva anche essere illuminata fantasticamente la piazza, ma il tempo minaccioso lo ha impedito. In tutta la giornata vi è stato grande movimento di popolazione tra la quale si notavano anche parecchi pesaresi e la sera, sempre in mezzo a tanta folla e al suono della fanfara, è stata abbrucciata la grossa Vecchia.

Da: "L'Annunziatore", n.10 del 11-3-1899

-----------------------

Mezza quaresima a Fano - E' stata sempre una giornata come di tappa nella lunghezza del periodo doloroso, e da noi tradizionalmente si usa segare la vecchia, che è una pupazza ripiena di frutti secchi, aranci e confetti.

Da: "SU" del 10-3-1899

-----------------------

Festeggiamenti del 12-3-1904

Giovedi di mezza quaresima voleva essere un giovedi grasso: si ebbe difatto un carro mascherato indicante il trionfo della vecchia: vi doveva essere una lotteria che il cattivo tempo impedì: la sera poi al Teatro della Fortuna si tenne un veglione mascherato che durò sino al mattino. La lotteria è stata rimandata a Domenica p.v. Decisamente il carnevale quest'anno non vuol morire.

Da: "La Concordia" n.10 del 12-3-1904

---------------------

Festeggiamenti del 1905

Il giovedi di Mezza quaresima è stato favorito da un bellissimo sole. Meno la solita esposizione delle Vecchie nulla di notevole.

Da: "La Concordia" n.12 del 1-4-1905

La «Vecchia» di Mezzaquaresima

Sino a una trentina d'anni fa si festeggiava a Fano « el dì dla vechia », il giorno cioè posto a metà Quaresima.
In questa ricorrenza si rinnovava un insieme d'usanze, pubbliche e private; il fatto centrale consisteva nella costruzione di fantocci caratteristici, le «vecchie», e attorno ad esse ruotavano numerose tradizioni secondarie.
Tre erano generalmente i teatri d'azione in cui si poteva assistere allo svolgersi del rito: sui mercati, nei negozi da fruttivendolo, in casa.
Sulle bancarelle delle erbivendole fanesi, in dialetto «tricole», apparivano in quel giorno pupazzi (rappresentanti la Quaresima), di due tipi diversi.
Il primo era quello più usuale: un'intelaiatura di canne, di forma vagamente umana, la cui testa era costituita da un'arancia, e le mani fatte di stecchi in cima ai quali s'infilzavano datteri o fichi secchi. La «toilette» era completata da collane di carrube, braccialetti di lupini, agrumi sparsi qua e là, talvolta da confetti. (E' la figurazione classica della Quaresima: stecchita, scheletrita, quasi filiforme, magra e stentata come il periodo che simboleggia). Talvolta la fantasia dei fruttivendoli si sbizzarriva, e allora nascevano vere e proprie composizioni: M. R., per esempio, costruì sulla sua bancarella una vera e propria «famiglia» di vecchie: una, piuttosto grande, la pose al centro, e ai lati ne collocò una doppia fila di altre simili, ma più in piccolo. E si potrebbero citare altri casi di facile virtuosismo creativo.
Il secondo tipo di «vecchia», che ho ricostruito in base a documenti fotografici e ad inchieste personali, è stravagante, illogico: si tratta di certe figure alte, massicce, dalle larghe spalle imbottite e adornate di abiti femminili e di altri capi di vestiario. La ragione di questo corposo, incoerente modo di concepire la «vecchia », va cercata forse nell'indole robusta, sana e piena d'inventiva del nostro popolino, al pari di quella della vicina gente romagnola.
La tradizione, oltre che sulle piazze, era sentita e fiorente nelle botteghe delle er-bivendole.
L'unica superstite della «vecchia guardia» di queste venditrici, la signora G. C., racconta che una sua collega, detta «Gallinina», metteva nell'interno del suo negozio un gran letto, e sotto le lenzuola la «Vecchia» e il «Vecchio» suo sposo: adorni di «pacchesecche» (mele tagliate a fette, essiccate e riunite con un filo a mo' di collana), datteri, castagne, confetti, noci. Il «Vecchio» aveva sul viso una maschera nera (Carnevale?). Inoltre tutte le erbivendole abbellivano i cesti della frutta, mettendovi all'interno dei fogli di carta colorata, con i quattro angoli tirati su. Sopra la frutta, faceva mostra di sé un pupazzo, la «Vecchia»: al posto della testa, un'arancia; invece delle dita, ravanelli o spicchi di aglio.
E' chiaro che, oltre al significato simbolico, l'usanza aveva anche il fine pratico di attirare i clienti.
Nelle case private, la sera prima della Mezzaquaresima, le madri, messi a letto i piccoli, preparavano delle carriole di legno con dei vincastri, e dentro vi mettevano paste e dolcetti: in mezzo, una vecchia di carta ritagliata, tenuta su con due bastoncini in croce. La mattina, i bambini, svegliandosi, trovavano la carriolina: pieni di gioia, la portavano in strada, gareggiando a chi l'avesse più bella. (I più poveri, invece della carriola, avevano un semplice cestello). Poi, tutti quanti andavano in giro per la questua, raccogliendo offerte nella carriola, ormai svuotata.
Più indietro nel tempo c'era un'altra usanza. In molte famiglie le ragazze vestivano una scopa da donna, con «contorno» di arance, lupini, reste d'aglio, seghe fatte di pasta di pane (lievitata), con in più un bel paio di orecchini rossi, a pendant (se c'erano; se no, si rimediava con oggettini di fantasia) e ancora maritozzi, caramelle, ecc. Due braccia rudimentali terminavano «a manico di chiusa», con un nodo della stoffa e cucite in fondo; talvolta, ma più raramente, le mani erano sostituite da una paio di calze riempite di stracci, o da un paio di guanti.
Queste pupe si mettevano fuori della finestra, dove restavano esposte per tutta la giornata, sì che tutti potessero giudicare quale fosse la più bella del rione: e le ragazze che le avevano confezionate, parte giravano anch'esse, criticando quelle delle altre; parte stavano alla finestra, per ricevere i meritati complimenti. La sera si ritirava la pupa dal davanzale, e la si «segava» per metafora: in realtà tutta la famiglia mangiava ciò che la vecchia aveva indosso, e «quella era l'allegria».
Nei forni erano in vendita figurette di pasta: omini (le braccia accostate al busto, le gambe dritte); donnine (le braccia arcuate e riunite all'altezza dei fianchi, e la parte inferiore allargata a mo' di gonna); cavallucci, scalette, piccole seghe ecc. Tra le pareti domestiche venivano preparati saporiti biscotti d'uovo, con anice ed uva. Un dolce veniva regalato tra gli applausi generali al membro più anziano della famiglia.
Da ultimo, non si può dimenticare una gustosa scenetta, un episodio che si ripeteva ogni anno a Fano, in margine alla festività della Mezzaquaresima. Un venditore ambulante, Pasqualino, aveva costruito una «vecchia» con l'intelaiatura di vitica, e con dentro un ragazzo che la faceva muovere e ballare. Pasqualino, accompagnandosi con il cembalo, cantava in dialetto una buffa storia, che più o meno diceva così: « Un giovane di nome Maurizio (nella strofa seguente era specificato: «con poco giudizio»), aveva sposato una donna che all'apparenza era bella e ben fatta; ma che alla sera delle nozze, spogliandosi, oltre ai vestiti, si tolse la parrucca, i seni finti, un occhio di vetro e per dirla tutt'intera / pian pianino si leva la dentiera / e resta sdentata com'una vecchia: / se ancor non l'avete capito, era / « la Vecchia».
Quest'usanza è una tra le tante che sono esistite e che in parte ancor oggi, pur trasformate, vivono a Fano e nel suo territorio.

Maurizio Manna (da: Fano - notiziario di informazione sui problemi cittadini, a. 4 - n. 4 - ottobre-dicembre 1968)


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2002
    Ultima modifica: 06.03.2008

Nessun documento correlato.


Indietro

La Sega la Vecchia a Urbania

Avanti

Il Carnevale di Fano - Generalità