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Bandi sulla caccia a Piobbico e a Fano dal XVI al XIX s...

Una avifauna dell'Appennino Centrale (Marche) del '500: il trattatello ''Cognitione degl'uccelli et animali pertinenti al'aere'' e le lettere di C. Felici da Piobbico a U. Aldrovandi


Premessa

Tra i numerosi corrispondenti di Ulisse Aldrovandi, il medico marchigiano Costanzo Felici (1) fu uno dei più assidui ed ascoltati (2). La loro amicizia, nata per la comunanza di studi ed interessi intorno al 1555 (data del primo scambio epistolare conosciuto tra i due studiosi), durò sino alla morte di Felici, avvenuta nel 1585, e diede luogo ad un reciproco e proficuo scambio di conoscenze.

In particolare, nel voluminoso carteggio conservato nella Biblioteca Universitaria di Bologna, due sue lettere (3) e un trattatello risultano molto interessanti per le notizie che riportano sulla fauna delle Marche nel '500.

Le lettere di Felici, rispettivamente datate 21 luglio e 11 novembre 1563, rispondono a esplicite richieste di Ulisse Aldrovandi, mentre il trattatello ''Cognitione degl'uccelli et animali pertinenti al'aere'', che ne riprende ed ampia il contenuto, fu elaborato dall'autore stesso dieci anni dopo.

E' importante sottolineare che Felici si interessò all'avifauna su esplicita richiesta del suo lontano collega Aldrovandi, facendo notare più volte nelle lettere di non essersi mai occupato di uccelli fìno a quel momento ma di raccogliere quelle informazioni solo per soddisfare le richieste dell'amico. Forse proprio per questo motivo le sue descrizioni sono ancor oggi utili ed interessanti, in quanto non c'era in Felici alcuna intenzione di scrivere un'opera autonoma, sulla quale poteva pesare la volontà di fare apparire più di quanto non esistesse realmente, bensì quella di dare all'Aldrovandi informazioni chiare ed esaurienti. Felici si dimostrerà invece osservatore attento a molti fenomeni naturali: la descrizione dell'aquila sarà ad esempio sorprendentemente naturalistica e corretta per un autore del '500 normalmente abituato a fare larghissimo uso di fonti classiche romane e greche oltre che di bestiari medioevali (Alberto Magno, Vincenzo di Beuvais etc.).

Questo complesso di informazioni, ricco di ben 108 voci riferite quasi esclusivamente a ''gl'occelli che nascono ordinariamente intorno a queste nostre montagne'' ci permette di redigere una lista dell'avifauna appenninica del Cinquecento relativa alla zona dei monti dell'Alto pesarese. Felici dichiara nelle lettere del 1563 di non essersi occupato degli uccelli acquatici: ''Ucelli d'acqua non li scrivo, perché penso ne siate più informato di me, como anco de questi vi ho scritto, ché tali vi ho scritto per parere fare in parte il debito mio'' e infatti qui non compaiono. Nel trattatello del 1573 invece amplia le sue descrizioni a tutti gli ''animali pertinenti a l'aere'' e quindi si occuperà anche di pipistrelli e insetti, oltre che di un certo numero di uccelli acquatici, anche se per questi ultimi le sue descrizioni non saranno così minuziose come quelle per l'avifauna terrestre: ''Gli uccelli d'acqua, per non essere nel paese molta frequentia e copia. Alcuni solamente toccarò per quanto alcuna volta ho possuto avertire nelle pianure de Rimini e per questi nostri fiumi, facendone breve memoria; e molti ne lassarò indietro, commo non cognosciuti da me ne' veduti, perhò questo non me sia imputato a imperfettione''.

Considerata la scarsità di informazioni puntuali sulle faune locali di quel periodo (lo stesso Aldrovandi nella Ornithologia, 1599 non riferisce che di rado qualche dato sulla distribuzione italiana delle specie) questa del Felici viene ad assumere una notevole rilevanza. Risultano infatti del tutto originali, e forse mai citati prima, i dati relativi ad un certo numero di specie oggi estinte da tempo, come nidificanti, in questa porzione dell'Appennino o addirittura in tutta Italia: Gipeto, Avvoltoio monaco, Grifone, Pellicano, Francolino, Piccione selvatico, mentre per altre specie non sono meno interessanti i dati sulla loro diffusione nel periodo.

Un altro capitolo, trattato dal Felici, ma qui non indagato, è quello degli animali domestici, dove vengono riportate notizie di indubbio interesse storico, come quelle sul Tacchino, da pochi decenni importato dalle Americhe, sull'Anatra muta e su molte varietà di colombi.

Di seguito si riportano le descrizioni degli uccelli nell'ordine in cui sono presentati nel trattatello, con accanto, dove è possibile, il nome specifico e quello volgare cinquecentesco utilizzato da Felici.

Osservazioni di Costanzo Felici sulle singole specie con note storiche e commento degli Autori

 

Falconiformi

Aquila reale - Aquila chrysaetos - Aquila regale: ...niente di meno qui in questi nostri monti nasce l'aquila regale e principale, di grandissimo corpo, di piuma negra, di acutissimo vedere, che vive solo di rapina e di carne caudata e fresca, e che d'una preda solamente una volta se ne ciba, lassando agl'altri rapaci il resto, et è di sì gran forza che piglia lepri, volpe, agnelli, porchette e simili animali; e se gli son retolti animali sina di quaranta libre di peso, presi da loro.

Fan nidi in balze precipitose et alte, dentro nelle caverne di esse, del mese d'aprile, maggio e giugno. Generano una o doi al più e - con tutto che ogn'anno quivi le guastano con gl'archibusi, togliendogli le piccole et trasportandole altrove (e viste da loro son governate) dove vi è un capanno, dal quale tirandoli l'amazzano, portando la preda a figlioli - non ve ne stan mai più che un par solo, cacciando via la più potente l'altre che vengono a recognoscere il paese e men potente.'' (4). ''Prima l'aquila regale: si è uccello notissimo ne' nostri monti, dove ci fa grandissimo danno in pigliare animali, e mi ricorda che ne fo amazzata una che da una ponta de ala al'altra vi era di misura 7 piedi de mesura. Queste a noi s'amazzano il luglio, quasi ogni anno'' (5).

L'Aquila reale è tutt'ora presente nell'Appennino calcareo pesarese ed era considerata stazionaria anche nella letteratura storica locale (il SALVADORI, 1872 ed il GASPARINI, 1894, la segnalavano nidificante al Furlo e al Catria). Oggi la sua consistenza massima, nel complesso calcareo pesarese, è di 3 coppie. E' interessante notare come al tempo del Felici fosse ben nota la dieta dell'Aquila e si conoscessero già alcuni aspetti della sua territorialità: ''non ve ne stan mai più che un par solo, cacciando via la più potente l'altre cbe vengono a recognoscere il paese''. Ancora oggi, l'Aquila nella zona è soggetta a disturbo e uccisioni.

Falco pescatore - Pandion haliaetus:

''Un'altra aquila spesso si vede alli luochi bassi e marinari di gran corpo ma di piuma più bianchiccia, che forse si è una di quelle che spesso si nascono di pesce..'' (6).

Tra le specie ittiofaghe sembra di dover aggiudicare questa ''aquila dei luoghi bassi e marinari'' più al Falco pescatore che all'Aquila di mare, sia perché quest'ultima ha solo la coda bianca e non l'intera parte inferiore del corpo, sia perché il Falco pescatore era senz'altro più abbondante e comune lungo la costa. Oggi l'Aquila di mare è del tutto accidentale, (l'ultima osservazione nelle Marche fa riferimento ad un individuo ucciso nel 1974 vicino a Pesaro), mentre il Falco pescatore, anche se raro, si osserva in maniera costante, durante la migrazione, sia lungo la costa che lungo i corsi fluviali.

Falconi:

'' ... dopo l'aquila si vedono spesso per questi nostri monti nascere falconi, quali da molti sonno numerati fra l'aquile minore, e non imeritamente. Et è uccello fra' rapaci molto cognosciuto da uccellatori per il suo velocissimo volo et acutissimo vedere (... ). E in Italia e principalmente qua nella nostra regione, como è a Cagli, se ne fanno gran mercantia raccogliendoli da varie parti gran quantità, togliendolo dà nidi, quali poi venuti a perfettione gli portano in carte e barre in Francia (... ). Questo che nasce quivi fa il nido in rupi e balze asprissime d'alti monti, como fa l'aquila, dove per l'ingordigia del guadagno l'homo si sospende con le fune per esse, correndo gran pericolo per havere ditti uccelli'' (5). ''Del quale se ne trovano di quattro sorte fra ucellatori '' (4).

Falco pellegrino (?) - Falco peregrinus - Falcone gentile: ''Uno che vien detto falcone gentile, quale ha il piede più giallo de tutti'' (4); '' ... uno che vien detto falcon gentile, quale è più grosso e più negro e che ha il piede più giallo de tutti .... '' (6).

Lanario (?) - Falco biarmicus - Falcone villano:

'' ... l'altro si è il villano, che ha il piede più berretino; e questi doi nascono ne' nostri monti, facendo nidi in alberi altissimi di faggi o simili'' (4).

Falco pellegrino (?) - Falco peregrinus - Falcon pellegrino:

''Vi è poi ancora il falcon pellegrino...'' (4) ''Vi è poi ancora il falcon pellegrino, quale ha il capo un poco più grosso'' (6).

Poiché anche oggi la sistematica delle diverse sottospecie di Falco pellegrino è abbastanza complessa pensiamo che il Falcone gentile e il Falco pellegrino indicassero individui della stessa specie ma fossero denominati con dizioni diverse i Pellegrini locali e quelli provenienti da altre zone. Falco pellegrino e Lanario sono oggi sicuramente assai più rari che nel '500 e la loro consistenza nelle Marche è stimata complessivamente in una quindicina di coppie.

Falco sacro - Falco cherrug - Falcone sacro:

'' ... e poi il falcone sacro, quale è più grosso de tutti gl'altri ma dicono questi doi non nascere né paesi d'Italia, ma in luochi asprissirni e più sotto settentrione'' (4).

Girfalco - Falco rusticolus - Girifalco:

''Nasce ancora ne' paesi freddi, como della Moscovia e confini, un'altra sorte di falcone più grosso assai degl'altri e più bello, e molto animoso et molto tenuto in prezzo da principi, che vien detto girifalco, quale già viddi una volta'' (4).

Il Sacro e il Girfalco ancora oggi non nidificano in ltalia e mentre il primo è considerato un raro migratore talvolta svernante nelle regioni meridionali (GENERO 1992), il secondo è nel nostro paese del tutto accidentale.

Lodolaio - Falco subbuteo - Olivello:

''Fra' numeri de' falconi son reposti ancora doi altri uccelli pur rapaci, ma molto piccoli de corpo, di grandezza quasi di un colombo, ma molto animosi e molto in uso fra gioveni; l'uno dei quali si chiama olivello, de penna un poco più rossigna... '' (4).

Alla fìne dell''800 il FALCONIERI DI CARPEGNA (1892) cita di aveme ritrovato un nido nel 1891 al Sasso di Simone nell'alto Appennino pesarese, ma questa è l'ultima segnalazione nota per la provincia di Pesaro.

Smeriglio - Falco columbarius - Smerletto o Smeriglio:

'' ... l'altro più negra, de più piccolo corpo, ma più animoso e di grandissimo volo e chiamasi smerletto, con il quale ucellono con gran piacere le lodole e quaglie, starnotti, merli, tordi e simili. (...) e fan nidi in arbori altissimi'' (4). '' ... si chiama questo volgarmente smerletto, che forsi potria essere l'aquila valeria e smeriglio overo melanoctos di Plinio'' (6).

La specie non nidifica e non ha probabilmente mai nidificato in Italia essendo a distribuzione eurasiatica nordica ma è di presenza costante durante le migrazioni. Il SALVADORI (1872) la considerava svernante in Sardegna. Lo Smeriglio poteva quindi essere preso e utilizzato per la piccola falconeria, come cita Felici, anche se sembra poco verosimile che allora nidificasse davvero tra i suoi monti.

Gipeto - Gypaetus barbatus - Barbia ossara: '' ... si trova la barbia ossara, così detta da noi; dà latini penso sia detta l'ossifraga. E' di maggiore corpo che non è l'aquila assai, di penna negra, la quale seguita volentieri l'aquila servendosi delle sue reliquie per cibo e precipue degl'ossa, li quali pignandoli e qualche volta essendo troppo grandi e non potendosene servire con gl'unghia gli leva in alto e lassali cascare in sassi e rompendosene se mangia (4); ''L'ossifraghe se pigliano rare e così anco l'avoltore.'' (5) '' ... e fa nidi in luoghi precipitosi .... '' (6).

Avvoltoio monaco e Grifone - Aegypius monachus e Gyps fulvus - Voltore o Viultur: ''Dietro a questo ci nasce pure ne somità di arbori il voltore, viultur così ancora detto qui volgarmente, un poco de minor corpo; al quale attribuiscono maravigliosamente il senso del'odorato, che dicono de cento miglia e più sente l'odore de' corpi morti. La pelle di questo dicono essere mirabile per la sua delicata piuma a stomachi freddi e relassati. Ha poi sotto la pelle pochissima carne'' (4). ''Dietro a questo vi nasce nelle eccelse rupe et balze il voltore, (...) Ma pur dicono costoro che qua per gli nostri monti se ne vanno trovando, se bene sonno più rari assai, de gl'altri uccelli'' (6).

Capovaccaio - Neophron percnopterus - Barbia bianca: ''Dietro a questo, ma di minor corpo, ci nasce un altro rapace ma di poco danno, quale ha la testa negra, l'ale negre e coda e tutto il resto bianco; e per questo vien detto da questi habitatori barbia bianca. Nidifica in arbori'' (4).

Nel Voltore di Felici sembra si possano riconoscere sia l'Avvoltoio monaco che il Grifone poiché vengono indicati come luoghi di nidificazione sia alberi, tipici del Monaco, che balze rocciose, tipiche del Grifone. E' possibile che nella zona non distinguessero le due specie e che queste quindi fossero riunite sotto l'unica denominazione di Voltore. Nell'Appennino calcareo pesarese dovevano quindi coesistere, anche se rare (''L'ossifraghe se pigliano rare e così anco l'avoltore''), tutte e quattro le specie di avvoltoi storicamente presenti in Italia, oggi estinte da tempo nell'Appennino centro-meridionale ad eccezione del solo Capovaccaio che nidifica in numero assai ridotto nell'ltalia meridionale.

Relativamente al Gipeto, questa del Felici risulta la più antica citazione sulla presenza costante (e quindi di una più che presumibile nidificazione) della specie nell'Appennino. Dal '800 per l'Italia centrale si hanno solo dati di comparse accidentali: una uccisione, sul M. Corno del Gran Sasso, riferita da Tommaso SALVADORI (Fauna d'Italia, 1872) e una osservazione nel 1975 di un individuo nel Parco d'Abruzzo (CHIAVETTA 1981). Per l'Italia meridionale si hanno pochissime osservazione e solo per la Calabria (4 citazioni dal 1907) con individui che probabilmente sono in relazione alla scarsa popolazione allora certamente presente in Sicilia, dove l'ultima nidificazione nota risale al 1840 (P. e L. FASCE in BRICHETTI et al. 1992) e l'ultimo individuo ucciso al 1922 sul M. Ciccia presso Messina (MASSA 1985).

Per quanto attiene al Grifone non si hanno ancora oggi certezze sulla sua nidificazione nell'Italia peninsulare e la sua presenza stabile, sui massicci calcarei centro meridionali, è solo ipotizzata (GENERO in BRICHETTI et al. 1992).

L'Avvoltoio monaco ha normalmente una consistenza numerica inferiore a quella del Grifone e la sua distribuzione storica negli ultimi due secoli non è ben nota. SAVI (1827) lo considerava presente nell'Italia meridionale e nelle Isole, mentre, tra il 1870 e i primi del '900, SALVADORI (1872), GIGLIOLI (1886) e ARRIGONI DEGLI ODDI (1929) lo considerano relativamente comune e sedentario solo in Sardegna. MASSA (1985) lo esclude dalle specie che abbiano nidificato in Sicilia. La nidificazione della specie in quest'area non sembra quindi essere mai stata certa.

Questi dati del Felici sulle quattro specie di avvoltoi, anche se desunti da rendiconti e non da prove oggettive (d'altra parte praticamente impossibili da reperirsi a 500 anni di distanza) risultano di notevole importanza per inquadrare l'avifauna storicamente presente in questa area del nostro Paese.

Poiana - Buteo buteo - Bozzago: ''Ne seguita poi un'altro di simile grandezza, dannoso a colombare, de penna bertinaccia, con ale tonde, che a uccellatori non serve per niente: vien detto bozzago'' (4). ''... e fa nidi in cima de alberi altissimi pur in monti alti'' (6).

Nibbio reale - Milvus milvus - Nebbio: ''Vien poi dietro a questo un altro, comune quasi a tutti li luochi e cognosciuto per il suo stridere (e molto più da le donne per conto de polesini e pollastri) con l'ale acute e coda bifurcuta, che sarà il nebbio, milvus da latini'' (4).

La diffusione storica del Nibbio reale nelle Marche è interessante perché almeno dai primi anni di questo secolo la specie è assai rara e non nidifìcante mentre nell'800 era abbastanza diffusa. SALVADORI (1872) lo considerava comune e stazionario nell'ltalia centrale e meridionale e pure il GASPARINI (1894) lo considera sedentario nelle Marche anche se non molto diffuso, il CAPPONI (1899) ''sedentario nella Provincia Ascolana'', mentre per la provincia di Pesaro il FALCONIERI DI CARPEGNA (1892) non dà informazioni sulla sua eventuale nidificazione. ZANGHERI, nel 1938, lo considera già raro e migratore per la Romagna.

Gheppio - Falco tinnunculus - Cualandello o Fottavento: ''Vien poi il minor de tutti, qual nasce in torre e muraglie vecchie, di color rossigno, che sempre stride e per uccellare serve solamente a putti per pigliare qualche uceletto giovine, ma per il più cibasi de serpi, lucerte et altre simili cose e chiamasi cualandello'' (4). ''... e molto si ferma nel suo volo in aere, che per questo da molti si chiama fottavento ... '' (6).

Astore - Accipiter gentilis - Astore e Terzuolo: ''Como intravene hora in questo caso, che si trova tra ucelli l'astore, ucello rapace e molto animoso e molto cognosciuto che piglia con li suoi artigli fìna alli lepri, et è la femina; poi vi è il terzuolo, che è il maschio, non sì valente, né sì potente, e più piccolo de persona: uccello e l'uno e l'altro, ne' primi anni di penna rossigna, poi, como si mutano, buttando la penna mutano colore, como fanno ancora degl'altri. Se ne servono assai per pigliare perdice''(4). '' ... e questi similmente nascono per li nostri paesi nelli nidi fatti nelle somità d'altissimi arbori como sonno gli faggi .... ,'' (6).

Sparviero - Accipiter nisus - Sparviere e Moscardo: ''Nasce ancora in questi monti, pure in arbori, l'uccello tanto conosciuto et hauto in prezzo da molti fra tanti rapaci, che è il sparvieri, accipiter dà latini, che con questo nome vien la femina, solamente che poi dietro ad esso ne viene il moscardo, uccello assai più piccolo, ma molto animoso considerate le sue forze, et è il maschio'' (4).

Astore e Sparviero erano assai comuni al tempo di Felici: ''Havendo considerato tanti uccelli rapaci haviamo lassati indietro quasi gli principali e più frequenti e molto in prezzo tra gli uccellatori;'' attivamente cercati e catturati per essere venduti anche alla corte francese come risulta da un altro passo del trattatello. Oggi lo Sparviero è ancora presente e nidificante nell'alta Provincia di Pesaro, mentre l'Astore è stato osservato solo raramente e la sua nidificazione non è accertata (già FALCONIERI DI CARPEGNA nel 1892 aveva dei dubbi sulla sua effettiva nidifícazione). Più a nord invece nidifica ancora nelle Foreste Casentinesi dove permangono vaste zone di habitat adatto.

Strigiformi

Gufo reale - Bubo bubo - Gufo: ''E prima si trova il gufo, forsi bubo degli antichi, che fa de grandissimi danni dove pratica, pigliando lepri, polli, agnelli e simili animali, e fa i suoi nidi in caverne de balze de monti. E' uccello molto grosso, di corpo rotondo con poca coda, di molta piuma e machiata di poco negro con molto arugine e beretinaccio. Il capo è assai grosso, che sopra gli occhi (quali son grandi e de una terribile guardatura) porge in fuora quatro o sei penne a foggia de cornicelli. Se ne servono gli uccellatori per pigliare con il vischio corbi, cornacchie, monacchie et altri simili uccelli alla campagna, che ne pigliano alcuna volta li sacchi pieni in una giornata; et è di corpo como una bon'oca, ma non tanto longo'' (4).

Contrariamente alla situazione del Cinquecento la specie è oggi estremamente rara e sono note solo 2-3 coppie nella Provincia di Pesaro e Urbino, ancora localizzate nel complesso Monte Catria-Monte Nerone e Furlo.

Barbagianni - Tyto alba - Alocco barbagianni: ''Ve n'è un altro noturno, con il becco adunco e rapace, di colore più bianchiccio. Nasce ne' sassi alti, de grandezza quasi d'una galina con il collo un poco più alto, con terribile guardatura, ma non fa tanto male commo il gufo. Vien chiamato in molti luochi alocco barbagianni, che l'uno e l'altro la notte fan de brutti versacci e spaventevoli, e fanno ancora rumore nel sbattere di quel lor becco adunco'' (4).

Civetta - Athene noctua - Civetta: ''Non cognosco dopo questi altro che la civetta, detta così volgarmente, noctua dà latini, quale ancora è rapace vivendo d'uccelletti, sorci e simili animali; et è uccello tanto cognosciuto da uccellatori, pigliandosi per mezzo d'essa, con il vischio, tanta sorte d'ucelletti con tanto piacere'' (4).

Assiolo - Otus scops - Allocarello: ''Ne vien poi un'altra sorte de un'altra sorte, più piccoli assai, simili alla civetta. Nasce ne' buzzi e cavi d'arbori, con penna bertinaccia assai, con elevanza di penne in testa a foggia de doi cornicelli. Non è in uso alcuno a uccellatori. Si chiama da habitatori de' nostri paesi, allocarelli. Cantano la notte un canto mesto, proferendo una simil voce: chiù.'' (4).

Specie di boschi e prati

Gruccione - Merops apiaster - Alcionio: ''Con questi, benché di raro si lassi vedere, vi viene quel'altro uccelletto sì bello, sì vago, poco maggiore del passero, con tanta bella piuma cerulea, verde e subpurpurea con altra misticanza, con il becco verde sottile e longo che pare non pratica altro che il mare, et è celebrato tanto per più canti e più per il suo nido (si come dicono) che fa sopra l'acqua al principio dell'inverno. Quale è detto alcionio ... '' (6).

Felici qui descrive molto probabilmente il Gruccione, ma lo chiama Alcionio, nome di solito attribuito al Martin pescatore che invece viene chiamato grottoletto; probabilmente l'equivoco sorge dalla lettura dell'Agricola: infatti nel trattatello Felici scrive ''Pare poi che l'Agricola in quel suo de anima subt. ponga (…) che si trovano doi sorte de alcionii, uno di acqua dolce e l'alcionio marino, che quello de fiumi ha il petto porporeo, il collo e la schiena verdaccia in azurro, l'ale fosche, il becco e piedi di color cinericio.''

Succiacapre - Caprimulgus europaeus - Boccabàttelo: ''Se ne trova un altro pur la notte per nostri paesi, de grandezza de un colombo o poco minore, con penna machiata de tanè e bertinaccio oscuro, con ale longhissime e brutte, con una bocca larga fuori del'ordinario la quale sbattendola, la notte fa rumore assai, che da questo ha il suo nome cioè boccabàttelo'' (4).

Corvo imperiale - Corvus corax - Corbo: ''Ma tornando agl'altri che vivono ancora di preda, se ben non han becco e onghi adunchi, son li corbi, che pigliano, quando s'imbattono, gli uccelli ne' nidi e si cibano de ova de altri uccelli e fan nidi in balze e il corbo è negrissimo.'' (4).

La specie è oggi estinta sulle montagne delle Marche settentrionali e solo qualche coppia è presente sui Sibillini. Esisteva ancora alla fine dell'800 (FALCONIERI DI CARPEGNA 1892), ma già ZANGHERI (1938) dichiara di non averlo più osservato e quindi il Corvo imperiale è da considerare estinto per la zona fin dai primí del '900. Negli ultimi 20 anni è stato osservato una sola volta un individuo sul Monte Catria.

Picchio nero - Dryocopus martius: ''Vi è ancora l'altro corvo secondo che scrivono, quale per havere in capo quella macchia rossa, (... ) uccello che volentieri l'inverno sta nascoso nelle cave d'arbori: de qua a noi se ne vedono pochi'' (6).

Che questo ''corvo con in capo una macchia rossa'' sia il Picchio nero è assai verosimile per la sua somiglianza nella colorazione e nelle dimensioni con un corvo e per il fatto che non vi è nessuna altra specie dell'avifauna italiana uniformemente nera con una macchia rossa sul capo. Inoltre Felici ne descrive correttamente l'habitat di nidificazione: ''sta nascoso nelle cave d'arboli''. Se allora d Picchio nero era raro, oggi è estinto da tempo nell'Appennino centro-settentrionale. Per la vicina Romagna non si possono d'altra parte dimenticare le citazíoni della specie da parte del GINANNI (1774) per le Pinete ravennati e di ZANGHERI (1938), che ne dà segnalazione riferendosi ai manoscritti del Majoli (fìne del '700) per un esemplare proveniente dalle Pinete ravennati e per un altro di Casola Valsenio (FO) del 1889; anche SALVADORI (1872) cita il Picchio nero per un esemplare preso in Umbria nel 1847. Oggi la specie è scarsa nelle Alpi ed è presente nei complessi forestali dell'Abruzzo (Parco Nazionale) e della Calabria, ma certamente ha popolato le nostre foreste e la citazione del Felici de ''qua a noi se ne vedono pochi.'' mostra come già alla fine del '500 il Picchio nero fosse scarso nell'Appennino a seguito probabilmente della progressiva riduzione dei grandi boschi d'alto fusto.

Cornaccha grigia - Corvus corone cornix - Cornacchia: ''Fanno il medemo quando s'imbattono le cornacchie, quale son parte bertinaccie e parte negre ... '' (4).

Corvo - Corvus frugilegus - Corbastrello: ''Vi è, di corpo maggiore e più negro, il corbastrello con il becco grosso e beretinaccio; pratica il piano, pare che si ciba di terra o d'animali che stan sotto terra'' (4). ''Il corbastrello è copioso qui alle pianure, hora nelle seminate'' (5).

Il Corvo, comune al tempo del Felici, oggi è estremamente raro nella pianura padana meridionale dove si osservano talvolta stormi occasionali durante l'inverno, mentre è del tutto accidentale nelle Marche. Dalla letteratura storica risulta che per SALVADORI (1872) la specie era in ambito appenninico da considerarsi ancora molto comune in inverno. Nella Provincia di Pesaro, invece, FALCONIERI DI CARPEGNA (1892) lo indica come raro. Nella Romagna intesa in senso biogeografico, ZANGHERI (1938) ai primi del '900 lo considerava ancora comune durante l'inverno specialmente nel Ravennate e cita anche rare coppie nidificanti nell'imolese. Dopo il 1930 sarebbe però divenuto molto scarso e osservato solo durante le migrazioni.

Taccola - Corvus monedula - Monachia: ''Fra questi, ma non rapaci, vi è la monachia tutta negra, nidifica in muraglie e torre.'' (4).

Gracchio - Pyrrhocorax graculus - Ciavola: ''Vi è poi ancora la ciavola, così detta dal suo continuo gridare, ucello de monti aspri, che poi si domestica meglio che altra sorte de ucello fra gl'homini; è di corpo della monachia, di negro intensissimo, a becco longo, sottile e giallo e piedi gialli, ma ladro al possibile nelle case'' (4).

Il Gracchio alpino non è più presente nel complesso Catria-Nerone, per ritrovarlo bisogna giungere fino all'Emilia a Nord e ai Sibillini a Sud. E' presente invece, da almeno trent'anni, un'unica colonia di Gracchio corallino sul Monte Catria, che, se pure con qualche oscillazione, si mantiene attorno alle 20-40 coppie.

Ghiandaia - Garrulus glandarius - Gaggia brusca: ''La gaggia brusca, composta de penna de diversi colori (e contrafà versi de molti animali), fa il medemo vivendo de rapina ...'' (4).

Gazza - Pica pica - Gaggia con la coda longa: '' ... et il simile fa la gaggia con la coda longa de colore bianco e negro, che fa nidi in le sumità d'alberi'' (4).

Ghiandaia marina - Coracias garrulus - Gaggia marina: ''Sotto questo nome di gaggia si trova ancora ma di raro, ne' nostri paesi, un altro uccello di grandezza d'una gaggia, de diversi colori composto, verde giallo, negro e bianco, quale comunemente qua si chiama gaggia marina'' (6).

Averla piccola - Lanius collurio - Castriga: ''E prima fra questi ponerò un occello che ne' paesi nostri chiamasi castriga, se bene de questi sotto questo nome se ne trovano de tre sorte. Uno si è più picolo della lodola (quali ancora pongono de doi sorte, una capelluta, l'altra no) con penne machiate in arugine e beretino scuro, senza li onghi e becco adunco; pigliasi da uccellatori a ballestrucci e stride assai'' (4).

Averla cenerina - Lanius minor - Castriga: ''L'altra è macchiata di bianco e beretino chiaro'' (4).

L'Averla cenerina nelle Marche è ora una specie nidificante solo occasionalmente (PANDOLFI & FRUGIS 1987; MANZI & PERNA 1991).

Averla maggiore - Lanius excubitor - Castriga rapace: ''L'altra poi del medemo colore, ma ha il becco adunco e gl'onghi rapaci e piglia uccelletti, e già l'ho vista portare in pugno da giovani a questo effetto: et è questi de grandezza d'un tordo ...'' (4) ''La castriga rapace è rara, pur se ne va trovando'' (5).

Da diverso tempo la specie non è più nota come nidificante per le Marche (PANDOLFI e FRUGIS 1987) e già alla fìne dell'800 era data da SALVADORI (1872) e da FALCONIERI DI CARPEGNA (1892) per rara e in progressiva diminuzione. Può essere interessante rilevare il fatto che nel '500 fosse utilizzata in una sorta di ''falconeria minore'' dai ragazzi per la caccia a piccoli uccelli.

Cappellaccia - Galerida cristata - Lodola capelluta: ''La lodola si vede molto frequente alla campagna e se ne trova de doi spetie: la prima, con questo nome, che pratica alla campagna e si vede assai per le strade, di colore cinericio oscuro e per la sua cresta de un cornicello de piuma che ha in testa si chiama lodola capelluta. Si ciba de vermicelli e varii semi minuti e si serve in gabbia per cantare, che il maschio di essa canta molto dolcemente.'' (6).

Allodola - Alauda arvensis - Lodola: ''Un'altra lodola è pur frequente per li campi e per le strade, che sarà la 2° ma non ha capello in testa o cresta como l'altra, se bene è del medesimo colore berretina oscura ... '' (6).

Calandra - Melanocorypha calandra - Calandra: ''La calandra, per essere uccello tanto famoso per il suo dolce e suave canto e molto apprezata nelle gabbie e poi per essere simile alla lodola non è da lassarla più indietro in questo luoco, se bene qui in questi nostri paesi la para forestiera, nascendo più volentieri in campagna del Regno di Napoli dove ne fanno professione de allevarne delle bone in gabbia per cantare e ne mandano in altri paesi'' (6).

Beccofrusone - Bombycilla garrulus: ''Mi è parso dopo molto tempo volervi inserire ancora il vostro tanto celebrato uccello a noi forastiero afatto, e non mai più veduto eccetto che l'inverno del fìne del 1570 e principio del '71, forse fugito de' paesi freddi e settentrionali per gli troppo freddi e grandissima neve, (...) uccello molto vago de grandezza, un poco più della lodola, di una piuma beretina con un'ombra di rosso, con il becco negro corto e grosso, sotto il gozzo una macchia negra e così intorno agl'occhi, l'ala con qualche macchia negra e bianca e cinericea: nel mezzo di essa vi finiscono per ordine sei penne in una materia sottile longa quanto mezz'onghia e cartuaginosa e rossa la coda con penne rare che finiscono in una ponta lata, quale ha del duretto più che il resto della penna ...'' (6) ''Attorno le palpebre et occhi una macchia negra, sotto alla gola un'altra simile machia maggiore e che tira in aguzzo, con si bello et ellevato o cresta o capello in testa, che il voliamo dire. (...) Nella coda pare che vi habbia rare penne longhette e che in cima vi abbiano il fìne orlato de color giallo, ma pur che sia duretto'' (7).

Passero solitario - Monticola solitarius - Passero solitario: ''Di colore negro si trova ancora il passero solitario, simile al merlo...;'' (4).

Il Passero solitario, fìno a metà del '900 comune anche nelle città costiere, oggi è solo raramente presente soprattutto nelle gole marchigiane (Gola del Furlo, Gola di Gorgo a Cerbara).

Merlo - Turdus merula - Merlo: '' similmente il merlo, massime il maschio, quale è negrissimo con piedi e becco giallo; la femmina poi è differente, amachiata di bigio'' (4).

Storno - Sturnus vulgaris - Storno o Stornello: ''Dietro a questi ne puol venire per una certa similitudine il storno o stornello con il suo color vario de negro picchiato de bianco, (…) et è uccello che gli piace assai andare in moltitudine e in frotte a certi tempi de l'anno…'' (6).

Tordela - Turdus viscivorus - Tordo gagiaio: ''…li quali son de doi sorte, uno grandi più del'altro e macchiato de machie bianche e chiamasi a noi tordo gagiaio, l'altro semplicemente tordo'' (4). ''Il tordo gagiaio è simile al'altro, ma più grosso e penne con machie bianche; et è copiossissimo e si vende da molti indifferentemente benché ha carne più dura'' (5).

Tordo bottaccio - Turdus philomelos - Tordo: ''...li quali son de doi sorte, ... e chiamasi ... l'altro semplicemente tordo'' (4).

Rigogolo - Oriolus oriolus - Gaulo: ''Vi è il gaulo, tutto zallo e intenso il maschio, la femmina zallo remesso: ucello che si parte l'invernata'' (4).

(?) - Forregnolo: ''Vi è il forregnolo, che ancora esso si cognosce il maschio dalla femina bene'' (4).

Usignolo - Luscinia megarhynchos - Rossignolo: ''Il rossignolo, per essere uccello tanto apprezzato per il suo dolce e suave canto, deve giustamente seguitare, benché il mantenerlo nelle gabbie è cosa de molto fastidio'' (6).

Cardellino - Carduelis carduelis - Cardelino: ''... Il cardelino con il suo variato colore e pezzate piume e dolce canto...'' (6).

Fanello - Carduelis cannabina - Fanello: ''E fanello, lui ancora uccelletto piccolo, è molto copioso como il cardellino in questi paesi ... '' (6).

Capinera - Sylvia atricapilla - Capo negro: ''... Volgarmente si chiamano capo negro e son molto vaghi e piacevoli con il suo colore beretino e gambe nigre sottilissime e fanno un dolcissimo canto e sonno di grandezza di un fanello, e si nutrisce quasi non altrimenti che faccia il rossignolo'' (6).

Codirosso - Phoenicurus phoenicurus - Coda rossa: ''Si trova alla campagna e in luochi montuosi un occello più piccolo del tordo, ma quasi del medemo da questo in fuora che ha tutta la coda rossa, perhò qua vien chiamato con questo nome coda rossa da molti e sempre canta la paura con voce lamentevole alla campagna'' (6).

Ortolano - Emberiza hortulana - Hortolano: '' ... troveremo gl'hortolani così detti a Roma et in Toscana, uccello tanto di pregio nelle tavole, della grandezza d'una passera con il becco assai grosso'' (6).

Francolino - Francolinus francolinus - Francolino: ''Vi è ancora a Roma il francolino, uccello pur assai estimato nelle tavole de grandi perhò d'altra gente là vien detto cibo da cardinale. Vien chiamato da greci attagenis: questo è uccello che pratica il monte e il piano, del colore del passero, poco men grosso del tordo, con becco grosso e corto'' (6).

La specie è stata presente in passato in Italia, ma anche soggetta a introduzioni antiche, che risalgono al '300 per il Granducato di Toscana (SALVADORI 1872). Per il Lazio, la zona citata da Felici, vi sono segnalazioni di allevamento del Francolino da parte del Cardinal Borghese (OLINA 1622). In Italia, alla fìne dell'800, già il SALVADORI (1872) ne metteva in dubbio la sopravvivenza e riportava che molti anni prima era abbastanza comune solamente nelle pianure meridionali della Sicilia, ma che, in accordo, con il Doderlein, l'ultitno di cui si fosse a conoscenza era stato preso nel 1869 presso Terranova (l'attuale Gela). L'estinzione della specie in Italia, anche secondo altri autori, si situerebbe quindi attorno al 1870. Se Felici non cita la specie direttamente per la montagna marchigiana pure è interessante il fatto che il Francolino fosse comunque da lui considerato presente nel Lazio ''nei pressi di Roma''.

Francolino di monte - Bonasa bonasia: ''Si legge ancora de un altro uccello che pare compagno al suddetto, che pratica assai le selve como l'altro: son ditti tetraonis, che cosa siano non sonno ancora resoluto'' (6).

Qui Felici fa riferimento al Francolino di monte (Bonasa bonasia), simile al Francolino, ma appartenente ad un altro genere. Il Francolino di monte, allora diffuso sua catena alpina ed ancora presente nelle Alpi orientali, è effettivamente un Tetraonide mentre il Francolino è un Fasianide. Presumibilmente Felici non aveva notizie chiare sulle due specie. Anche Aldrovandi successivamente confonde e unifica le due specie.

Beccafìco - Sylvia borin - Beccafico: ''Il beccafico, simiglia molto di corpo e di piuma al rossignolo, ma è più piccolo et è uccello che ancora lui cambia secondo gli tempi gli paesi'' (6).

Frosone - Coccothraustes coccothraustes - Frusulone: ''Simile al'hortolino di becco grosso si trova in fretta con gl'altri alla campagna un altro occello, ma più grosso, simile di penna alla passera: chiamasi comunemente frusulone'' (6).

Verzellino - Serinus serinus - Verzelino: ''Un altro poi più piccolo pur alla campagna, di penna gialla si vede molto frequente, e chiamasi comunemente verzelino e si alleva e canta ancora in gabbie'' (6).

Zigolo giallo (?) - Emberiza citrinella - Pagliarisco: ''ll pagliarisco è uccelletto assai simile, ma non ha tanta giallezza per la piuma: ha il becco sottilissimo e va in fretta con gl'altri alla campagna'' (6).

Culbianco - Oenanthe oenanthe - Petrangola: ''La petrangola è uccelletto alquanto più grosso di questi: va per gli campi volentieri solo, quasi sempre possandosi sopra sassi più elevati e di color bianchiccio, con berretino amisto'' (6).

Fringuello - Fringilla coelebs - Frenguello: ''Il frenguello, (…) è uccello molto conosciuto (…) et è uccello macchiato de più colori, ma più il maschio che la femina, che è anco più grossa'' (6).

Pettirosso - Erithacus rubecula - Petto rosso: ''Il petto rosso, detto così volgarmente dalla piuma rossa che ha nel petto, uccelletto molto piccolo e molto familiare, è cognosciuto al tempo del'inverno ...,'' (6).

Scricciolo - Troglodytes troglodytes - Re de siepe o Forasiepe: ''Il re de siepe o forasiepe vi vole essere ancora lui con gl'altri in schiera: uccello de colore rossigno simile al rossignolo, ma molto nottabile per la sua piccolezza, (...) Fa gli suoi nidi ne' busi de' muri antichi e della terra, et ancora in folti spini, coperto e composto de musco arboreo, e canta molto bene'' (6).

Cinciallegra - Parus major - Cincinterna o Cilicchia: ''La cincinterna cilicchia è uccello ancora assai piccolo de varii colori, cioè bianco e negro con del beretino e giallo, e canta assai, se bene non dolcemente, per le strade al tempo del'inverno; et è uccello molto fecondo negli nidi fatti per lui nelle cave d'albori, generandone da dieci o dodici per volta'' (6).

Ballerina bianca e Ballerina gialla - Motacilla alba e M. cinerea - Codatremola: ''Vi è la codatremola di doi sorte, l'amachiata di bianco e bigio e l'altra bigio e zallo''. (4) '' ... è uccello molto frequente e cognosciuto fra le persone e quasi in ogni luoco e pratica volentieri presso fiumi e rivi d'acqua ... '' (6).

Passera d'Italia - Passer italiae - Passero: ''Vi son le passere, animale tanto dannevole, che il maschio è più rosso con il becco più grosso della femmina'' (4).

Passera scopaiola (?) - Prunella modularis - Passero cieco: ''Vi è il passero cieco, così detto, che si vede l'inverno, con il becco sutilissimo e la piuma machiata alquanto, più longhetto e più vago del'altro'' (4). '' ... è piccolo e raro e pratica in compagnia de altri uccelletti'' (6).

Picchio verde - Picus viridis - Picchio gaggiarolo: ''... Il primo è grande più di un merlo, de varia piuma e color misto, di verde sopra. Rosso in testa, negro con alcune penne e simili altri colori, con il collo longo e il becco longo e chiamasi picchio gaggiarolo; ha una lengua più de vipara longa e con gli suoi onghi retorti si attacca supra gl'arbori, dove sonno formiche e cavando fuora quella sua lengua, la stende su per la scorza del'arbore, dove camminano formiche, le quale caminando su per essa, la quale como è pina la retira dentro e così spesso si ciba e spesso ancora quando non son fuora percuote con gran strepito l'albore e fa de busi e la cava fuora'' (6).

Picchio muratore - Sitta europaea - Pico cinericio o Pico cinereo: ''Un altro picchio picolino, di colore beretino chiaro, spesso si vede su per gl'albori delle selve attaccarsi con gl'onghi, e de questi se ne pigliano con la civetta. Pare che questo da molti venghi chiamato pico cinericio o cinereo'' (6). '' ... un altro de simile grandezza, de colore quasi azurro, che rampiga per gl'alberi ...'' (4).

Picchio muraiolo - Tichodroma muraria - Picchio nano o Picchio del mal tempo: ''Un altro poi molto vago piccolino vedemo, de colori varii e misti de rosso, negro, giallo e simili con il becco longo assai et unghia acutissime, con i quali camina su per gli muri più che negl'arbori. Credo si ciba di ragni et altri simili cibi, percuotendo sempre nelle buse, e chiamasi volgarmente picchio nano e picchio del mal tempo, perché non si suole vedere se non l'invernata, e quando appare si aspetta sempre qualche neve propinqua e notabile'' (6).

Il Picchio muraiolo è oggi nella zona molto più raro ed è osservabile solo saltuariamente, in inverno, nell'Appennino calcareo.

Torcicollo - Jynx torquilla - Capo torto: ''Vi è poi un altro uccello de natura de picchio, de colore intenso beretino, con il collo longo, piccola testa, becco sottilissimo, di grandezza d'una lodola quasi, con la lingua longa un buon dito, tonda commo una cordella, il quale per il continuo suo stravoltare e storcere di capo in tondo e giù e su, che pare un uccello matto. Si chiama comunemente capo torto e si pigli volentiri alla civetta'' (6).

Rondine - Hirundo rustica - Rondine: ''Vi è la rondine comune nelle case...,'' (4).

Rondone - Apus apus - Rondone: ''... Vi è il rondone, apodes, tutto negro e sempre stride. Nasce in muraglie, è quasi senza piedi'' (4). '' ... fanno gli suoi nidi nelli busi de' muri e fra' coppi de' tetti alti e forse nelle buse strette delle ripe alte, di dove uscendo si lassano cascare per poter pigliare la volata ... '' (6).

Topino e Rondine montana - Riparia riparia - Ptyonoprogne rupestris - Grassello negro: '' ... una piccola negriccia tutta, detta qui grassello negro e questa credo io sia la vera rondine riparia, perché sempre pratica per le ripe de fiumi e de monti e mai si vede praticare dove praticano le persone, et è la prima rondine o grassello che si vede per questi paesi la primavera, e credo che non torni de luochi lontani como fanno gl'altri, ma che como sente indolcirsi l'aria esca fuora de suoi nidi e cave, dove sta tutto l'inverno nascoso nelle balze, che molte volte si vede in quei tempi essere tutto cinericio e bianchiccio per il suo stare molto ascoso ... '' (6).

Forse Felici non distingueva le due rondini che risultano in effetti abbastanza simili, ma dalla descrizione delle loro caratteristiche ecologiche si può riconoscere agevolmente il Topino, che nidifica sulle sponde sabbiose e frequenta i corsi fluviali, e la Rondine montana, che nidifica in zone rocciose montane (ed ancora oggi è abbastanza comune nell'Appennino calcareo). E' interessante osservare come per la Rondine montana fosse già noto al Felici il particolare comportamento di svernarnento, in una sorta di letargo, in cavità della roccia. Ancora oggi queste rondini si possono osservare in volo, seppure raramente, nelle calde giornate invernali, a ridosso delle pareti rupestri esposte a sud. La osservazione di Felici è interessante anche dal punto di vista biologico e forse questo fatto viene qui per la prima volta riportato.

Balestruccio - Delichon urbica - Grassello: ''Vi è poi l'altro grassello così simplicemente detto, qual'è pur simile alla rondine et è specie di essa. Ma questo ha il greppone coperto di piuma bianca et gli piedi cortissimi ... '' (6). ''Nasce in balze facendo il nido tondo di terra ... '' (4).

Starna e Quaglia - Perdix perdix e Coturnix coturnix - Starna e Quaglia: ''Nasce ancora ne' nostri monti la starna o perdice e la quaglia, che vogliono essere la coturnice degli antichi'' (4).

Fagiano - Phasianus colchicus - Faggiano: ''Il faggiano, similmente uccello si vago, con si belle e variate piume è tanto desiderato; (... ) Questo nasce alle pianure della grandezza de una gallina, raro o non mai alle montagne e quando gli è dato la caccia suol dare una volata, poi ascondere il capo'' (6).

Re di quaglie - Crex crex - Re di quaglia: ''Con la quaglia fa molte volte il trapasso, como fosse a lor guida a condurle, un certo uccello grande como lo sparviero e pratica con loro, ma perhò non si vede molto frequente, e perché viene in sua compagnia e le guida: è detto volgarmente re di quaglia, da molti coturnicum dux e da altri ortygometra'' (6).

Coturnice - Alectoris graeca - Coturnice: ''Nasce poi particolarmente ne' nostri monti la coturnice, così detta volgarmente dagl'habitatori del luoco, molto vago ucello a vedere e poi più grato al gusto, più grossa della perdice, con pinna variata di colore e il becco rosso, li piedi rossigni, e pratica luochi selvatichi; e poi tenendola in casa si domestica facilmente'' (4).

Nel pesarese, come in tutte le Marche, la Coturnice oggi risulta una specie in grave pericolo di estinzione. Nelle montagne del Felici è ridotta a due piccolissimi nuclei, di qualche coppia (3-5), sul Monte Catria e sul Monte Nerone. Un altra piccola popolazione è presente nel complesso dei Monti Sibillini mentre è estinta su tutte le altre montagne quali il M. Strega, il M. Cucco ecc.

Cuculo - Cuculus canorus - Cucco o Cucculo: ''Ma dove lassiamo andare l'altro nuntio della primavera, cioè il cucco o cucculo, uccello di persona e di piuma assai simile al sparviero? (…) Dicono che fa gli suoi ova negli nidi d'altri uccelli ... '' (6).

Upupa - Upupa epops - Uppupa: ''L'uppupa, ... benché sia bello uccello a vedere per essere così variato de colori della piuma e per havere quella sua bella cresta in testa, ma puzza perché sta sopra nel sterco e litame ... '' (6).

Tortora - Streptopelia turtur - Tortora: ''La tortora ancora è uccello assai cognosciuto (…) pare specie di colombo ... '' (6).

Colombaccio - Columba palumbus - Palomba: ''La palomba pare essa ancora specie di colombo, ma più grosso assai, e fa i nidi negl'arbori altissimi; et è uccello silvatico e si ciba volentieri de ghianda e di faggiola, e quando fa gli suoi passaggi, che suole essere di febraio e di marzo, in molti paesi se ne suole pigliare grandissima copia, como molte ne viddi nella piazza de Peroscia a questi tempi gli cinquanta e centi sacca per mattina a vendere ... '' (6).

Piccione selvatico e Colombella (?) - Columba livia e Columba oenas - Colombo sassatile e Colombo favaruolo: ''Il colombo selvatico è di doi sorte, simile e l'uno e l'altro a quel di colombara: uno nasce qui nel paese e nidifica fuori in balze e precipitii e chiamasi colombo sassatile; l'altro al tempo delle semente viene ne' luochi maritimi in gran quantità passando il mare, dicono che de paesi de Schiavonia e chiamasi colombo favaruolo. De questi se ne pigliano a quei tempi con le rete gran quantità in quel de Rimini'' (6).

Il Piccione selvatico, la cui distribuzione attuale interessa principalmente la Sardegna, risulta una specie assai problematica per quanto riguarda la definizione delle popolazioni veramente selvatiche e non reinsediatesi in natura a partire dai nuclei che popolano le città. In questo senso sono molto incerti anche Salvadori (1872) e Zangheri (1938). Per il Pesarese si hanno notizie di una colonia nidificante sulle pareti del Furlo fìno agli anni '50 ma non è chiaro se possano considerarsi veri selvatici o di ricolonizzazione. La Colombella è oggi rara e solo sporadicamente è osservabile qualche stormo in sosta d'inverno in zone boscate della costa.

Pernice bianca - Lagopus mutus - Lagopo: ''...Il lagopo è uccello nelle grotte del'alpe altissime appresso ghiacci (…) e si dice con tal nome per havere gli piedi pelosi, como il lepre con peli bianchi e non piuma, di colore bianchissimo si è il tutta l'invernata, l'estate poi che in bianco e cinereo si resolve. Non vola molto lontano e sempre se ne sta atorno le alpe'' (6).

Beccaccia - Scolopax rusticola - Galina rustica: ''Ma la nostra galina rustica così detta hoggidì è molto differentiata dal'altre, e sempre sta fuora silvatica non si domesticando mai; (…) perché questa nostra è più piccola de corpo assai, bigiacca di colore con un becco longhissimo e sottile, con de gambe longhe e sottile'' (6).

Specie di zone umide

Oche selvatiche - Anser sp. pl. - Oca silvestre: ''L'oca silvestre, cioè quella che viene alla campagna da sua posta, che anser inmansuetus vien detto, (…) et è uccello per il più de piuma negriccia e ne va gran copia insieme l'invernata dove rovinano tutte le seminate ... '' (6).

Anatre selvatiche - Anas sp. pl. - Anatre silvestre: ''Anatre silvestre che inmansuete ancora si chiamano, si vedono l'inverno in grandissima quantità unite insieme e per l'aria e per gli favoni e paludi e stagni e in panthiere per ciò preparate, dove con ingegno e con inganno si pigliano per l'uso del'homo al tempo del'inverno e molte volte in grandissima copia'' (6).

Marzaiola o Alzavola - Anas querquedula oAnas crecca - Cerquella: ''La cerquella ancora che querquedula vien detta da Latini, ne viene in questa schiera, quale pare a me è una spetie d'anatra essendo similissima in ogni cosa, ma per essere più piccola assai la fa differente et è quasi grossa como un colombo e si piglia al modo del'anatre et è da molti giudicata miglior carne che non è l'anetra'' (6).

Cigno selvatico - Cygnus cygnus - Cigno o Cesano: ''Il cigno o cesano che si dica, cygnus et olor de Latini (…) uccello bianchissimo e più grande assai che l'oca, ma in quello andare ha il collo longhissimo, la sua carne poco o niente è usitata nelli cibi, benché ancora l'habbia vista magnare, (…) e de queste se ne van trovando molti apresso gli fiumii e gli stagni e paludi e laghi. E più si vedono al tempo del'inverno, e questo è quel tanto celebrato uccello che more cantando'' (6).

Per quanto riguarda il Cigno selvatico oggi la situazione è così cambiata che è eccezionale anche la sola sosta invernale durante le migrazioni.

Gabbiano reale - Larus michahellis- Cocali: ''Vi sono altri uccelli che si vedono per le acque e massime longo le marine e fra questi si vedono abbondantissimi gli cocali, uccello bianco con quel poco de negro grande como un nebbio e pratica il mare e molte volte va volando assai fra terra. Non serve niente ch'io sappia'' (6).

Fratino - Charadrius alexandrinus (?) - Cocaletti: ''Si vedono ancora longo queste marine certi uccelletti quali continuamente con le sue gambe longhe e sottili vanno gridando pian piano e con sommessa voce, son della grandezza de un tordo con il becco un poco longo e sottile, e questi son detti da molti cocaletti'' (6).

Corrieri (?) - Charadrius sp.pl. - Chiuini: ''Simili a questi con le gambe pur sottile longhe e becco longo si vede andare in frotta correndo un altro occelletto bianco, ma per mezzo e di sotto e di sopra hanno una linea negriccia e dal suo verso o canto che fanno son detti chiuini'' (6).

Beccaccino (?) - Gallinago gallinago - Precianola: ''Simili a questi di corpo, ma non de piuma, con le gambe longhe e sottile e piuma beretinaccia e macchiata, simile alla gallina rustica, ma più piccola assai de vita, che quasi assomeggia la quaglia e con il becco molto longo, chiamasi precianola et è uccello marino e pratica ancora longo gli fossi e rivi'' (6).

Merlo acquaiolo - Cinclus cinclus - Pigliapesce: ''Et ora dico che qui né nostri fiumi si vede frequentissimo un uccelletto negro, con certe macchie bianche, con poca coda, grande poco meno d'un merlo, sta continuamente e sopra e sotto d'acqua e si vede quasi sempre solo e nidifica sotto gli sassi vicino all'acqua e qua da noi volgarmente si chiama piglia pesce'' (6).

Il Merlo acquaiolo negli ultimi vent'anni è divenuto nelle Marche molto raro, soprattutto per le captazioni dei torrenti di montagna e per gli effetti dell'inquinamento da nutrienti.

Martin pescatore - Alcedo atthis - Grottoletto: ''Si trova un altro uccello del medemo colore verde e rosso e altro colore, che non è picchio ma è della medema grandezza e colore e fa busi ne' greppi de' fossi e de' fiumi, che de sabione e nei monti ancora, dove nidifica e sta nascoso e grida. Pare che questo da alcuni volgarmente sia detto grottoletto'' (6).

Folaga - Fulica atra - Follega: ''Si trovano poi nelle palude salse certi uccelli como monacchie o poco più grosso con il becco bianchissimo e piedi membranosi, con una piuma minuta fortissima e negra, e perché sogliono essere molti grassi, si sogliono magnare da pescatori, ma puzzano fuor di modo di pesce. Chiamasi comunemente follega e si piglia ancora in palude d'acqua dolce'' (6).

Smerghi - Mergus sp. pl. - Smergi: ''Similmente si vedono in mari, laghi e paludi delli smergi assai, mergis da Latini detto, tanto celebrati dalli scrittori e poeti nelle sue favole'' (6).

Gli Smerghi sono oggi assai poco comuni anche se lo Smergo minore mantiene ancora una piccola popolazione svernante lungo la costa marina tra Pesaro e Gabicce (PANDOLFI & SANTOLINI 1985).

Garzetta - Egretta garzetta - Garza: ''La garza ancora è uccello di acqua e de terra et è bellissimo uccello per la bianchezza sua e poi per la cresta o pennacchio che porta in testa, che sonno da tre o quatro penne sottilissime composte insieme che formano un cornetto de circa un palmo longo...'' (6).

Pellicano - Pelecanus onocrotalus - Onocrottalo o Agrotto: ''Varii afatto si vedono questi uccelli d'acqua, fra' quali hora potremo ponere l'onocrottalo o agrotto, (...) Questo suol nascere volontieri attomo lachi, como n'ho visto nel lago Transimeno. Poi per passaggio di maggio del '71 a Rimini se ne vidde gran copia insieme. Ha gli piedi membranosa e gamba longa rossa e sottile; il corpo grandissimo appare de un cigno che tale il pone Plinio nel numero de cigni per essere di corpo eguale e quasi di biancheza de piuma, (…) E' di tanta grandezza che suole pesare di 18 in 20 libre, il collo longhissimo, la piuma como si è detto bianchissima e folta, un becco longo quasi un palmo e mezzo, la parte di sopra si è larga tre dita, che finisce in una materia ossea dura, adunca e rossa. (…) la parte de sotto è composta da doi parte ossee longhe che si legano insieme da una membrana larghissima e polita, la quale si slarga alcuna volta tanto che pare una sacchetta o borsa che receve un bon quantità de robba…'' (6).

Probabilmente queste del Felici sul lago Trasimeno sono, insieme a quelle degli autori romani (FOSCHI in BRICHETTI et al.1992), le prime notizie sulla nidificazione del Pellicano in Italia. Tra l'altro l'ALDROVANDI (1599), a cui era stato inviato il trattatello non le riprenderà, preferendo citare quali località di nidificazione per la specie in Italia il Delta del Po, le Pinete ravennati, la Maremma e altre aree. E' questa comunque l'unica citazione per i laghi interni dell'ltalia centrale. Dopo qualche anno il Pellicano si rarefà decisamente tanto da risultare eccezionale una sua cattura per le paludi romane nel 1703 (SACCHETTI 1991) e non è più presente nelle Pinete ravennati per il GINANNI nel 1774. Gli autori dell'800 ne considerano eccezionale anche la sua sola apparizione lungo le coste italiane (SALVADORI 187 GIGLIOLI 1892).

Spatola - Platalea leucorodia: ''Si trovano ancora pur per le acque varie altre sorte de simili uccellacci, como è quell'altro che ha il becco longo, e in fine si slarga como fa una mescola de pignatte'' (6).

Tarabuso - Botaurus stellaris - Terrabuso o Perdegiornata: ''Fra questi simili uccellacci vi è il terrabuso che ancora perdegiornata si suol chiamare, magrissimo sempre e povero di carne, aspettando il più delle volte, se bene l'ha inanti che il cibo gli entri in bocca. E questi alcuna volta con altri simili sonno molto spaventevoli la notte con li suoi brutti e lamentevoli versi, che mette gran paura agli ascoltanti di lontano, quando quelli non sanno che cosa sia, che veramente paiono spiriti infernali'' (6).

Airone - Ardea sp.pl. - Aerone: ''L'aerone ancora lui è uccello grande quasi como l'oca, uccello che gli piace assai penetrare in su nel'aria, (…) quel becco longhissimo e acutissimo (…) Pare che questo uccello appresso molti sia giudicato per l'ardea degl'antichi, al quale piace volare tanto in alto fra novoli'' (6).

Gru - Grus grus - Grua o Grola: ''La grua o grola ancora lei è connomerata fra questi uccelli, et è uccello di passaggio con longhissimi stinchi e con gran persona e bella piuma beretina e longhissimo collo'' (6).

Cicogna - Ciconia ciconia - Cicogna: ''La cicogna con il suo longo becco non perhò deve remanere indietro, (…) Et è di passaggio como ancora la grua e vene di lontano paese e fa nel partirse da un luoco la rassegna de tutti e si mette molto bene all'ordine'' (6).

Conclusioni

Il breve trattatello e le lettere di Costanzo Felici ci offrono una sorprendente quantità di nuovi dati sia per questa area dell'Appennino che per l'intero popolamento avifaunistico italiano. Di Gipeto, Avvoltoio monaco e Grifone non si era certi della nidificazione nell'ltalia peninsulare, mentre il Pellicano era noto come nidificante nel '500 solo per alcune paludi costiere (ALDROVANDI 1599) ed è quindi del tutto nuovo il dato sui laghi dell'ltalia centrale.

Rispetto alla situazione avifaunistica del Felici, nell'Appennino pesarese si sono localmente estinti, almeno come nidificanti, anche Capovaccaio, Lodolaio, Nibbio reale, Astore, Picchio nero, Corvo imperiale, Corvo, Gracchio alpino, Averla maggiore, Averla cenerina, e Piccione selvatico. Le specie oggi estinte in quest'area in relazione all'elenco del Felici risultano quindi almeno 15 (si esclude il Francolino in quanto da Felici non considerato localmente presente). Altre 15 specie sono inoltre localmente assai più rare, sia nell'Italia centrale appenninica sia nelle Marche: Falco pescatore, Falco pellegrino, Lanario, Gufo reale, Passero solitario, Picchio muraiolo, Coturnice, Starna, Colombella, Merlo acquaiolo, Cigno selvatico, Smerghi, Gru, Cicogna e Spatola.

I motivi che hanno portato alla rarefazione dell'avifauna sono evidentemente molteplici. Per le specie acquatiche si può osservare che l'estensione delle zone umide nella costa romagnola e marchigiana si è, dal 1700, ridotta del tutto a causa degli interventi di bonifica e messa a coltura delle paludi allora esistenti, nonché dell'alterazione e urbanizzazione dei corsi e delle foci fluviali. Per le altre specie ornitiche, invece, rarefazioni ed estinzioni sono certamente da imputare a modificazioni ambientali più complesse ed articolate, quali la riduzione dei boschi d'alto fusto, degli ungulati selvatici e della zootecnia brada, la messa a coltura di nuovi terreni, il mutamento delle pratiche agricole, l'incremento della popolazione umana e la caccia.

Un punto che forse merita di essere preso in considerazione è quello della crediblità dei dati ornitologici proposti da Felici. A questo riguardo, anche se si può rilevare in Felici qualche inesattezza (Smeriglio, Francolino ecc.), non si può non notare come la maggior parte delle notizie sia così precisa da far riconoscere oggi con ragionevole certezza la maggior parte delle specie da lui descritte. Felici annota infatti con attenzione l'habitat delle specie e il loro ambiente di nidificazione, rilevando inoltre, per le specie migratorie, il periodo della loro comparsa. Di rilievo, a testimoniare la cura e il dettaglio delle informazioni, sono diverse osservazioni su ecologia e comportamento, quali quelle sulla territorialità dell'Aquila reale, sullo svernamento della Rondine montana, sull'abitudine del Cuculo di fare le uova nei nidi di altre specie, o sulle periodiche ''invasioni'' del Beccofrusone, tutte note che fanno pensare ad una effettiva presenza delle specie.

Qualche dubbio di interpretazione può comunque sorgere sull'uso di alcuni termini utilizzati da Felici, come ad esempio se ''nasce'' definisca la nidificazione o la sola presenza di una specie. In questo caso abbiamo esaminato il contesto d'uso del verbo ''nascere'' tutte le volte che veniva usato e ci sembra di poter affermare che questo venga effettivamente utilizzato con il significato di ''nidificare'' inteso in senso moderno.

L'opera di Felici in definitiva ci appare oggi molto attuale e di taglio relativamente moderno e ci permette di chiarire diversi aspetti relativi non solo alla presenza e alla nidificazione degli uccelli di questa area, ma anche all'entità del loro popolamento.

Ringraziamenti

Si ringrazia particolarmente Giorgio Nonni per averci gentilmente messo a disposizione la trascrizione del ''trattatello''

Note

(1) Costanzo Felici nacque nel secondo decennio del '500 a Casteldurante (l'attuale Urbania). Egli però preferiva definirsi originario di Piobbico, nell'alto Pesarese, dove si erano trasferiti i suoi avi che avevano dovuto abbandonare Lucca verso il 1330 in seguito alle discordie sorte tra Guelfi e Ghibellini. La sua famiglia annoverò tra i propri membri letterati, matematici, giureconsulti, militari e prelati. Felici studiò a Perugia e a Padova dove il 31 agosto del 1552 conseguì la laurea in arte e medicina, che gli consentì di esercitare la professione di medico a Piobbico, a Sant'Angelo in Vado, a Pesaro, a Rimini e a Urbania. Al tempo stesso coltivò con notevoli risultati gli studi naturalistici e storici. Oltre che con Ulisse Aldrovandi, ebbe contatti con altri illustri scienziati, tra i quali Girolamo Cardano, l'Anguillara, Rigacci, Moderato ed altri. Morì a Pesaro il 5 febbraio 1585.

(2) Che Felici fosse uno dei più assidui e collaboratori di Aldrovandi lo si deduce prendendo in esame le sue lettere e gli appunti che da queste traeva il destinatario (cf. il ms. 136 della Biblioteca Universitaria di Bologna, Fondo Aldrovandi, t. II, c. 260v-263v).

(3) Il complesso delle 61 lettere è stato pubblicato nel 1982 a cura di Giorgio Nonni presso l'editore Quattroventi di Urbino mentre il trattatello, già trascritto dallo stesso autore, è attualmente in corso di stampa presso la stessa casa editrice.

(4) Brani tratti dalla lettera 19. Rimini, 21 luglio 1563. Biblioteca Universitaria di Bologna, Fondo Aldrovandi, ms. 382, II, cc. 200r-204r.

(5) Brani tratti dalla lettera 20. Rimini, 11 novembre 1563. Biblioteca Universitaria di Bologna, Fondo Aldrovandi, ms. 382, II, cc. 206r-v.

(6) Brani tratti dal trattatello ''animali pertinenti a l'aere'', 1573. Biblioteca Universitaria di Bologna, Fondo Aldrovandi, ms. 688 ce. 1r-24v.

(7) Brani tratti dalla lettera 51. Rimini, 12 marzo 1571. Biblioteca Universitaria di Bologna, Fondo Aldrovandi, ms. 382, II, c. 239r-v.

 


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 07.09.2004
    Ultima modifica: 25.12.2004

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