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La Forra di S. Lazzaro di Fossombrone (geomorfologia)

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Le superfici d'erosione nel bacino del Metauro

Origine delle forre di S. Lazzaro


La formazione della Forra di S. Lazzaro, così come la vediamo oggi, risale certamente all’Olocene in quanto si tratta una forma tuttora attiva che incide il terrazzo del Pleistocene superiore. La superficie di tale terrazzo, che corrisponde più o meno alla sede stradale lungo il tratto Fossombrone-Calmazzo, indica infatti la posizione più elevata raggiunta dal letto del Metauro durante l’ultimo glaciale (Pleistocene sup.), tra 20.000 e 30.000 anni fa circa. Le ghiaie alluvionali del terrazzo ricoprono e livellano un substrato roccioso con superficie estremamente irregolare, solcata da numerose depressioni sepolte. Queste depressioni, evidenziate anche da indagini geofisiche e da sondaggi meccanici, risultano evidenti anche con una attenta osservazione di superficie rispettivamente all’inizio della forra, immediatamente a valle della diga ENEL sulla scarpata in destra idrografica e, al termine della stessa, su entrambe le scarpate. Una di queste depressioni, di forma e dimensioni paragonabili a quelle dell’attuale forra, rappresenta un antico percorso del Metauro sepolto dai sedimenti alluvionali e che si estende più o meno a ridosso del versante sinistro sin quasi a Fossombrone.

Durante la sua storia evolutiva, nel tratto vallivo considerato, il Metauro ha pertanto più volte inciso e colmato forre nei calcari della Maiolica. Restano tuttavia dubbi sui meccanismi genetici e sulle età di impostazione di dette forre, circa i quali è possibile avanzare tre ipotesi differenti, fra le quali la più attinente al quadro evolutivo generale e ai dati di terreno appare comunque la prima.

1) La forra sepolta è precedente alla deposizione delle ghiaie del terrazzo dell’ultimo glaciale, mentre l’attuale forra è successiva. La forra sepolta può essere stata modellata in climi simili all’attuale o più freschi, durante la fase di intenso approfondimento dei canali fluviali (prima parte del Pleistocene superiore) che precedette il colmamento dei fondi vallivi prodotto dall’intenso raffreddamento climatico dell’ultimo glaciale (seconda parte del Pleistocene superiore). L’attuale forra sarebbe invece dovuta alla rinnovata erosione verticale del Metauro durante l’Olocene, come conseguenza del ripristino di condizioni climatiche temperate e sotto la spinta del sollevamento dell’area; l’approfondimento olocenico si sarebbe così attuato in quella particolare posizione che l’alveo possedeva al momento della ripresa dell’attività erosiva, posizione differente rispetto all’antico percorso sepolto (fenomeno noto in Geomorfologia come processo di sovrimposizione o epigenesi).

2) Entrambe le forre sono precedenti l’ultimo glaciale o contemporanee alle fasi iniziali dell’ultimo glaciale e quella in sinistra è stata riesumata e riattivata nell’Olocene. In questo caso potrebbero essersi prodotte due distinte forre in due fasi successive comunque precedenti il definitivo colmamento vallivo risalente all’ultimo glaciale. Una di esse potrebbe essere stata rioccupata dal moderno alveo che avrebbe trovato una via facilitata per la rinnovata erosione verticale.

3) Entrambe le forre sono post-glaciali. Dopo il colmamento alluvionale dei fondi vallivi avvenuto durante l’ultimo glaciale, il Metauro incide una prima forra epigenetica. Successivamente, allo sbocco del Fosso di S. Lazzaro si forma la conoide alluvionale olocenica sulla quale sorge l’abitato di S. Lazzaro: la crescita di tale conoide colma la forra sbarrandola e contemporaneamente spinge il letto fluviale verso sinistra, dove questo si stabilizza e riprende con rinnovata energia l’erosione verticale.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 21.02.2004
    Ultima modifica: 21.02.2004

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