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Il Porto di Fano dal VI al XIII secolo (Una città adriatica fra medioevo e rinascimento)


Il Porto di Fano dal VI al XIII secolo. Da: Una città adriatica fra medioevo e rinascimento - documenti della marineria di Fano nei secoli XIV-XV-XVI

Per il lungo periodo che va dal VI secolo d.C. fin verso il XIII, le notizie storiche sulla zona di Fano risultano scarse e frammentarie. Si sa soprattutto che quell'ordine e civiltà che l'impero Romano aveva organizzato in queste terre era stato messo a dura prova da varie vicende nei secoli prima del 1000.
Le prime testimonianze di Fano come meta di traffico marittimo, dopo il periodo romano, si trovano negli scritti di Giovanni Diacono che narra di navi dirette verso Fano nell'anno 952. E riferendosi allo stesso periodo, tra il 962 e il 964, l'Amiani (1751) dice: Aveva in quest'anni Fano il porto in faccia alla porta detta Marina: questa porta fu fatta e aperta dopo il secolo XII cioè dopo che fu serrata l'altra denominata S. Giorgio per la quale andavasi dalla città al porto: per lo commodo di questo porto era la città molto mercantile ...
D'altra parte non si riescono a spiegare se non con l'esistenza di un porto e di una potenza marittima non trascurabile i patti che Fano stipulò riguardo i traffici marittimi, prima nel 1140 con Venezia, poi nel 1199 con Ragusa e Almissa e nel 1208 con Spalato.
Nel secolo XIII, le notizie dell'Amiani riguardanti la posizione del porto fanno intendere che la zona portuale fosse dove terminavano le mura verso S.E., o poco più in là, prima dell'ampliamento della città avvenuto nel 1227, probabilmente al termine del fossato.
Ma il primo documento diretto, che parla in maniera inequivocabile del porto di Fano, porta la data del 1348.
Da quanto riportato, possiamo notare come tecnici specializzati venivano chiamati per sovraintendere allo stato del porto e che venivano effettuate anche le manutenzioni ordinarie e straordinarie alle imbarcazioni.
Su questo porto, anteriore al Portus Burghesius del 1616, e sulle sue attività, possiamo solo fare delle supposizioni logiche, derivanti dagli scarsi documenti, spesso indiretti, e da valutazioni tecniche di vario tipo.
Il porto, nel periodo medievale, era un qualsiasi riferimento che permetteva un minimo di riparo e la possibilità di attracco o di scaricare le merci.
A questo scopo, anche un pontile o una piccola rientranza nella costa che assicurasse un po' di ridosso dai venti dominanti, o uno specchio d'acqua un po' più largo in fondo ad un canale poteva costituire un porto.
In ogni caso, oltre al porto vero e proprio che doveva esser costituito da una darsena per scalo e scarico merci, cioè una zona di acqua sufficientemente ampia per fare girare le imbarcazioni, esistevano delle banchine in legno per l'approdo o brevi soste.
A Fano certamente una di queste costruzioni che terminavano con una Punta da mare, cioè una specie di protezione foranea posta come diga frangiflutti, era posta nella zona della Porta Marina.
Una descrizione di questa esiste anche negli scritti del Nolfi e si nota nelle carte rappresentative della zona.
Un'altra doveva esistere nella zona di S. Spirito.
Queste realizzazioni testimoniano una notevole attività marinara tradizionale, ma possono anche esser interpretate come tentativi di progressivo adattamento delle zone di approdo in zone continuamente alla mercé dell'azione marina. E questo, con opere abbastanza modeste come struttura e materiali impiegati.
Infatti, le strutture portuali devono esser risultate gradatamente sempre meno sfruttabili perché sempre più spesso ricorre nei registri la richiesta di lavori e di sovvenzioni mentre contemporaneamente nella Depositeria aumentano le voci riguardanti le cifre pagate per gli interventi ordinari e straordinari relative alla manutenzione delle opere portuali.
In seguito, quando verrà realizzato il Portus Burghesius, tutta la serie di banchine in legno verrà abbandonata.
In ogni caso è evidente che le piccole realizzazioni di pontili in legno erano utilizzate prevalentemente dalle imbarcazioni minori, che in caso di necessità potevano facilmente esser tirate in terra.
La zona della darsena era riservata a barche più grandi, tipo la galera che secondo il trattato del 1141 con Venezia, Fano doveva tenere armata a sue spese per necessità di guerra e di difesa costiera.
I documenti della Depositaria del XIV secolo citano spese relative a due zone portuali o di attracco per navilii: la zona del chastello e la zona di S. Spirito.
Si parla anche di Punte a mare, palate, punte da mare, muro de la punta a mare.
Un ugual tipo di difesa si poneva davanti a una darsena per evitare l'interramento della zona di imbocco.
E' alle palate, cioè palizzate, costituite da tavoloni e pali infissi l'uno accanto all'altro in mare, che si ricorreva, finché possibile, nei porti e nei bacini delle città adriatiche che, come Fano, avevano goduto all'epoca dei Romani, e probabilmente fino al VII-VIII secolo, di costruzioni ampie e in muratura che poi, come a Classe o ad Aquileia, si erano interrate per l'avanzare delle spiagge (e per mutazioni orografiche della linea di costa o per mancanza di manutenzioni).
Ed ecco quindi le spese tanto ricorrenti nei registri per palate, muri da mare, punte da mare etc ...
Si parla quindi di opere di irrobustimento, di contenimento tipiche di costruzioni portuali.
La costa adriatica, attorno all'anno 1000, pur avendo le caratteristiche orogenetiche uguali a quelle d'oggi, differiva sensibilmente dall'attuale per il litorale e la zona del bagnasciuga.
In ogni modo, se si potesse fare una rappresentazione della fascia costiera di 10 secoli fa, essa ci apparirebbe una linea notevolmente più arretrata rispetto ad oggi.
Nel medio ed alto Adriatico Occidentale, la linea costiera è costituita di alternanze di zone alte, rocciose, che col loro zoccolo definiscono un netto distacco fra le acque e la terra, e di zone a spiaggia, (oggi giorno molto più estese) in cui il bagnasciuga risulta una specie di terreno che a seconda delle maree o dello stato del mare viene a far parte dell'acqua o della terra. Zone elevate, con colline che terminano sull'acqua, sono certe zone della costa abruzzese, altre della costa marchigiana meridionale, il promontorio del Conero e la zona fra Pesaro e Gabicce.
Poi, fino a Monfalcone, si sviluppa solo una bassa linea di spiaggia sabbiosa o di ghiaia con zone paludose o di laguna. Mentre le zone "alte" possono esser considerate praticamente immutate rispetto alla situazione di molti secoli fa, le zone "basse" tipo spiaggia, sono di formazione più recente ed in continua mutazione.
Le spiagge derivano da una situazione d'equilibrio dovuta, da un lato, al deposito di apporti solidi dei corsi d'acqua o dei prodotti di erosione del mare stesso, dall'altro alla azione combinata del moto ondoso e delle correnti che modificano continuamente questo stato di cose.
Di conseguenza le spiagge si formano e possono sparire, appunto perché risultato di un "equilibrio".
In generale, mutamenti climatici, e soprattutto movimenti orogenetici, hanno determinato nelle ere geologiche passate l'assetto essenziale delle coste e quindi delle spiagge.
In seguito, soprattutto per il profondo cambiamento dovuto al mutamento del manto forestale in seguito all'affermarsi dell'agricoltura intensiva, si ebbe, dall'era volgare in poi, un protendimento dei litorali che durò fino ad oltre la metà del 1800. Nella zona di Fano, le acque del mare lambivano a N.O. la base del monte Ardizio e a S.E. non erano molto lontane dalla base delle colline.
Fra Senigallia e Fano, vaste paludi di acqua salmastra caratterizzavano la costa.
Le foci dei fiumi e torrenti - il Nevola, il Metauro, il Cesano, Fosso Sejore, il Foglia - erano degli estuari che, come dei canali, immettevano le loro acque in mare. In particolar modo, presso Fano, il Metauro doveva avere, fino al XV secolo, un estuario sufficientemente ampio dal momento che permetteva ad imbarcazioni di una certa grandezza di entrarvi e sostare.
E cosi gli altri sbocchi più arretrati dei fiumi, permettevano alle navi di addentrarsi in ripari sufficientemente ampi e profondi.
Anche l'Arzilla, o meglio la sua foce, costituiva un utile approdo per i natanti, e la zona limitrofa al suo sbocco in mare costituiva, subito a N.O. delle mura della città romana, una zona assai più bassa del livello della città stessa, probabilmente una specie di rientranza in cui potevano trovare approdo le imbarcazioni.
La città di Fano appariva su di una collinetta che aveva la parte verso il mare costituita dalle mura, lambite alla base dai marosi.
Sul lato S.E., verso Ancona, l'acqua del mare aveva libero accesso su una spiaggia ghiaiosa che, come le varie spiagge, avanzava o retrocedeva secondo i periodi.
Sul lato N.O. verso Pesaro, una rientranza, antica zona di foce dell'Arzilla, dove forse secoli addietro sostavano le navi romane, era ormai ridotta a palude ("padulo") in cui entravano ancora le acque del mare in burrasca.
All'epoca da noi considerata, attorno al 1000, la base delle colline doveva essere poco lontana dalla linea di costa, e se fra Fano e Senigallia zone paludose si inframettevano fra mare e terra, fra Fano e Pesaro certo il mare batteva alla base del monte Ardizio.
La via Gallica, costiera fra Nord e Sud, passava sul crinale delle colline e la Flaminia, da Fano verso Pesaro, passava dietro i primi contrafforti di costa.

NOTE
(2) GIOVANNI DIACONO, Secolo XII - Cronaca Veneziana, anno 984, pag. 137.
(3) S. Spirito (poi chiamato S. Lazzaro) situato sulla spiaggia del mare subito a Sud delle mura della città…"ecclesia S. Spiritus que est prope litus maris et distat a civitate Fani versus Anconam per jactum lapidis".
(4) Codice Trevisaneo c. 191.
(5) Le palate servono a contenere i bordi di un canale e, se infisse a prosecuzione delle sue rive in corrispondenza dello sbocco in mare, fermano il materiale trasportato dalle correnti e dal moto ondoso impedendo l'interramento della bocca del canale.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1990
    Ultima modifica: 16.07.2010

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